Coronavirus. Il rischio di contagio è alto tra i Rohingya sfollati in Bangladesh, India e Myanmar

di Alberto Galvi

Tra le molteplici minoranze etniche a rischio di essere colpite pesantemente dalla pandemia di coronavirus c’è quella dei Rohingya e specialmente per i rifugiati che vivono nel Bangladesh uno dei paesi più poveri del mondo. I Rohingya sono arrivati nel paese asiatico dopo essere fuggiti da Myanmar, in quanto le truppe, sostenute da mafie buddiste locali, li avevano attaccati bruciando i loro villaggi e uccidendo civili.
I Rohingya, erano circa 1 milione in Myanmar all’inizio del 2017 e sono una delle tante minoranze etniche del paese. Questa minoranza etnica è per la maggior parte di religione musulmana, vive nella stragrande maggioranza nello stato di Rakhine e ha la sua lingua e la sua cultura.
A causa della mancanza di strutture igienico-sanitarie adeguate, per gli 860 mila rifugiati Rohingya che vivono nel Bazar di Cox in Bangladesh, è impossibile sfuggire alla diffusione del virus. Inoltre per loro l’allontanamento sociale, l’autoisolamento e la quarantena sono pratiche impossibili da attuare.
Inoltre la chiusura di Internet all’interno e intorno ai campi sta rendendo la situazione ancora più pericolosa. I governi si devono astenere dal bloccare l’accesso a Internet, soprattutto in un momento di emergenza come questo, quando l’accesso alle informazioni è di fondamentale importanza.
Nei campi profughi ci sono circa 40 mila persone per chilometro quadrato che vivono fianco a fianco in baracche di plastica. Ogni baracca misura appena 10 metri quadrati molte delle quali sono sovraffollate. Non sono stati ancora segnalati casi di infezione nei campi, ma i funzionari delle Nazioni Unite sono preoccupati per una possibile evoluzione del contagio.
Per il Bangladesh è solo una questione di tempo prima che l’epidemia raggiunga i campi profughi dove vivono centinaia di migliaia di rifugiati Rohingya, la maggior parte dei quali sono musulmani fuggiti da una repressione militare nel vicino Myanmar. 
I rifugiati Rohingya sono naturalmente a rischio anche a Myanmar dove il governo dovrebbe adottare misure urgenti per ridurre il rischio di trasmissione di COVID-19. Nello stato centrale di Rakhine, circa 130 mila Rohingya, sono stati confinati in campi di detenzione all’aperto dal 2012.
Inoltre il governo di Myanmar ha negato loro la libertà di movimento attraverso l’utilizzo delle forze di sicurezza e vivono in condizioni squallide e senza cure mediche. Tra le circa 350 mila persone sfollate negli Stati di Rakhine, di Kachin, di Shan, di Chin e di Karen a causa di conflitti e violenze in tutto il paese, il sovraffollamento, la chiusura di Internet, i blocchi di aiuti umanitari e le restrizioni ai movimenti hanno lasciato queste comunità di sfollati particolarmente vulnerabili a possibili contagi da virus.
In India invece ci sono quasi 40 mila rifugiati musulmani Rohingya che vivono in vari campi profughi sparsi in tutto il paese. Anche qui si teme che la mancanza di igiene e di cure possa alimentare la diffusione del COVID-19.
Mentre il coronavirus costringe i paesi più sviluppati a bloccare le attività dei propri settori economici e a vivere nell’autoisolamento, decine di milioni di persone dei paesi sottosviluppati rischiano di contrarre il COVID-19. Nei campi profughi di paesi come il Bangladesh, la Siria e tutta l’Africa, l’assistenza sanitaria e l’acqua pulita sono spesso scarse, i servizi igienici sono poveri, le malattie sono diffuse e l’allontanamento sociale è quasi impossibile.