Crimea. La flotta russa del mar Nero, un “nodo gordiano” del conflitto russo ucraino

di Lorenzo Pallavicini

La flotta del mar Nero è per la Federazione Russa una delle maggiori preoccupazioni a livello militare sin dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, avvenuta nei primi anni Novanta. Lo sbocco sul mar Nero è rappresentato dalla penisola della Crimea, una testa di ponte strategica per l’inserimento della marina russa nel mar Mediterraneo, dove albergano notevoli interessi geostrategici, come la base navale di Tartus in Siria, fondamentale per le operazioni militari a sostegno del regime di Bashar al-Assad, fedele alleato di Mosca, oppure il supporto al governo separatista delle milizie legate al generale Haftar di Tobruk in Libia.Si tratta di eventi del recente passato che avevano fatto intravedere le mire di Mosca nel giocare un forte ruolo, anche militare, sulla scena internazionale dopo il decennio successivo al collasso del sistema sovietico, in cui la Federazione Russa ha dovuto fare i conti con la difficile riconversione della sua economia da un sistema pianificato ad uno di mercato.
Uno dei motivi principali dell’annessione della Crimea durante febbraio 2014, avvenuta con il coinvolgimento di reparti speciali di Mosca, senza simboli o mostrine (i cosiddetti uomini verdi) a seguito dei fatti di Euro Maidan che videro la fine del governo filorusso di Viktor Yanukovyc, fu tutelare il destino di tale flotta, che ha rappresentato storicamente uno dei principali motivi di scontro tra la Federazione Russa ed l’Ucraina da quando quest’ultima si costituì come stato indipendente nel 1991.
Tra russi ed ucraini vi sono stati diversi accordi sulla flotta nel corso dei decenni, di cui il più significativo è stato quello sullo status e le condizioni di permanenza della flotta russa del Mar Nero sul territorio dell’Ucraina firmato nel 1997 dagli allora presidenti Eltsin e Kuchma. In base a tale trattato non vi sarebbero dovuti essere più di 25mila militari russi nelle basi in Crimea e nessun armamento atomico, con l’Ucraina che concesse alla Federazione Russa la metà delle basi fino al 2017, inclusa quella di Sebastopoli, in cambio di un canone di affitto pari a circa 98 milioni di dollari annui, misura fissata in base al patto di Charkiv del 1997.
Nel 2010 tale accordo, in base ad una intesa tra il presidente della Federazione Russa Medvedev e dell’Ucraina Yanukovyc, venne prolungato di altri venticinque anni, in cambio dell’applicazione da parte russa di uno sconto di 100 dollari sul gas se il prezzo fosse stato maggiore di 330 dollari per mille metri cubi o del 30% se il prezzo fosse stato minore di tale cifra, un patto all’epoca molto criticato dalla parte di popolazione ucraina più filo occidentale ritenendolo una diminuzione della sovranità nazionale, con tensioni che fecero accrescere le già forti differenze tra l’ovest del paese, filo occidentale, e l’est, ancora legato anche culturalmente alla Federazione Russa.
La flotta del mar Nero appare come una delle vere linee rosse nel conflitto in corso tra Federazione Russa ed Ucraina. Per Mosca è nodo strategico irrinunciabile e, anche a livello di politica interna e di pubblico consenso in patria, perderla sarebbe la certificazione di una totale sconfitta militare che porterebbe a disordini interni che potrebbero mettere a repentaglio non solo lo stato maggiore militare russo ma anche il governo medesimo.
Allo stesso tempo, per l’Ucraina la presenza della flotta russa del Mar Nero in un territorio che appartiene ancora come sovranità territoriale all’Ucraina, non essendo stato riconosciuto valido dalla comunità internazionale il referendum effettuato nel 2014 dalle locali autorità della Crimea per l’annessione alla Federazione Russa, rappresenta una costante minaccia che va disinnescata.
Il destino della flotta del Mar Nero è quindi uno dei “nodi gordiani” da risolvere riguardo il futuro della Crimea, essendo il potenziale bellico una delle poste in gioco più alte in questo conflitto, con nessuna delle due parti disposta ad oggi a fare concessioni, in particolare sulla propria capacità militare.
Appare necessario, in particolare da parte della potenza geopolitica occidentale più importante, gli Stati Uniti, che venga discusso il destino di tale flotta sia con gli ucraini sia con i russi, dal momento che una totale disintegrazione militare del complesso (possibile esclusivamente in caso di intervento diretto da parte della NATO) rappresenterebbe il superamento di una delle linee rosse del conflitto con probabili conseguenze estreme da parte russa; da parte ucraina appare molto difficile che il governo Zelensky possa accettare la presenza in Crimea della flotta navale russa, anche qualora ne venissero ridotti armamenti, mezzi e personale, e vi fossero possibili ispettori ONU a vigilare.
Se si esclude da parte occidentale di intervenire per azzerarne le capacità militari, atto che rappresenterebbe la diretta entrata della NATO nella guerra in corso, senza trovare un accordo sul destino della flotta del Mar Nero, sarà molto complicato trovare possibili sbocchi al conflitto e, al contrario, le posizioni potrebbero farsi ancora più inconciliabili di quanto non siano ora.