Croazia. Un voto non risolutivo

di Valentino De Bernardis

Domenica 21 maggio si è tenuto in Croazia il primo turno delle attesissime elezioni amministrative. Una tornata elettorale caricata di significato ben più alti da tutta la compagine parlamentare croata, alla disperata ricerca di una qualsiasi via di uscita che possa mettere termine allo stallo politico, che dura da circa un mese. Un immobilismo istituzionale nato dalla disgregazione della coalizione di governo HDZ-Most, con l’uscita dei centristi-indipendenti dall’esecutivo Plenkovic, lasciando il governo senza una ben definita maggioranza.
Un voto locale come panacea di tutti i mali che la politica non sa risolvere, per capire se il paese affronterà l’estate e le importanti scadenze in ambito europeo con un governo dimissionario (e nel qual caso con un voto in autunno), un governo di minoranza (possibilità da evitare), oppure un governo di unità nazionale (ipotesi per certi di difficilissima realizzazione). Ironia della politica, per quanto impraticabile proprio quest’ultima ipotesi è quella più sponsorizzata dalle istituzioni europee: un governo di responsabilità, capace di dare risposte alle riforme strutturate impopolari di cui Zagabria necessita per dare maggiore solidità alla flebile ripresa economica (anche se il paese è prossimo ad uscire dalla procedura di deficit eccessivo), nonché di incrementare il peso specifico della Croazia all’interno dell’Unione, a cui è stata ammessa solo a partire dal luglio 2013.
A dare ulteriore importanza alle elezioni di domenica le città chiamate a rinnovare le proprie giunte, tra cui Zagabria, Split (Spalato), Rijeka (Fiume), Osijek, Dubrovnik (Ragusa) e Zadar (Zara). Venendo a formare quindi un buon campione sulle intenzioni di voto dell’elettorato in caso di elezioni anticipate, sarebbero le seconde in due anni, e permettere ad ogni partito di mostrare i muscoli.
Prendendo i dati definitivi delle urne, con tutte le eccezioni del caso dato che si tratta di un voto locale, in cui si vota tendenzialmente la persona candidata più che il singolo partito, si può comunque tentare di fare una analisi a tutto tondo dello stato di salute della politica croata e dei soggetti che ne fanno parte.
Il partito che certamente ne esce peggio è il partito di governo HDZ, che sebbene storicamente non riesce ad esprimere tutte le sue potenzialità nelle elezioni amministrative, in molti casi è riuscito a peggiorare i suoi passati risultati. In questo caso il voto emblematico è quello della capitale, con Drago Prgomet, candidato molto vicino al presidente dell’HDZ e primo ministro in carica Plenkovic, ha raccolto appena il 6% delle preferenze, facendo peggio persino di due candidati indipendenti di centrodestra e destra, quali Sandra Svaljek (19%) e Bruna Esih (11%), che non potevano contare sullo stesso apparato organizzativo di un partito strutturato con HDZ. Risultato negativo registrato anche Split, sebbene mascherato dal raggiungimento del secondo turno da parte del candidato HDZ Andrò Krstulovic Opara. Questi infatti dovrà vedersela con il candidato indipendente di centro destra Zeljko Kerum che non solamente è arrivato primo nel voto di domenica, ma è anche riuscito a fare suo quella parte di elettorato conservatore che non sembrano più riconoscersi nel partito di governo.
Discorso simile, di non vittoria si può fare anche per il principale partito di opposizione, il SDP. Nonostante il raggiungimento del secondo turno a Zagabria, sembra molto improbabile che al secondo turno la candidata socialista Anka Mrak Taritas possa mettere fine al quasi ventennale controllo del sindaco uscente Milan Bandic sulla capitale. Discorso diverso invece per quanto riguarda Rijeka, dove il sindaco uscente Vojko Obersnel è riuscito nell’impresa di sfondare il 40% delle preferenze, grazie sia alla forza del partito nella regione, e anche alle qualità personale di un sindaco che sostanzialmente ha governato bene la città.
Il sostanziale passo indietro dei partiti tradizionali a favore di candidati indipendenti, rappresenta di certo il primo campanello di allarme per un sistema che ha urgente bisogno di rinnovarsi e dare finalmente risposte concrete ai problemi della cittadinanza. Il fatto che a ventiquattro dalla chiusura dei seggi tutti si professino in qualche modo vincitori delle elezioni, senza neppure attendere il secondo turno, fa però pensare che il campanello non sia suonato sufficientemente forse, e se sono veramente tutti vincitori, l’unica a perdere è la popolazione croata.

@debernardisv
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