Dal franco all’Eco: tra riforme e incertezze

Entro il 2020 è prevista la fine del frabco Cfa in otto paesi dell'Africa occidentale, che sarà sostituito dall'Eco. La svolta dal Benin.

di Antimo Altomare

Entro la fine del 2020 otto paesi dell’Africa Occidentale abbandoneranno il franco CFA, acronimo di Franco delle Colonie Francesi d’Africa. La moneta simbolo del potere francese in Africa potrebbe lasciare infatti il posto a una nuova moneta unica che si chiamerà ECO. L’uso del condizionale è in questo caso d’obbligo per due ragioni: sia perché un progetto di integrazione monetaria tra gli stati dell’Africa occidentale è stato lanciato e naufragato più volte, sia per il controllo che la Francia continuerebbe ad esercitare su questi paesi, senza tralasciare la riluttanza mostrata da altri paesi verso questa riforma.
Istituito nel 1945, divenne il “franco della comunità finanziaria africana” dopo l’indipendenza delle colonie francesi degli anni ’60. Il franco Cfa è oggi presente in quattordici paesi africani, il cui valore è indicizzato all’euro (1 euro = 655,96 franchi CFA) e le nazioni che ne fanno parte sono suddivise in due aree economiche, l’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale (UEMOA) e la Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale (CEMAC). Dalla sua creazione il franco CFA, essendo garantito da riserve valutarie importanti come l’euro, ha tenuto sotto controllo l’inflazione nei paesi che l’hanno adottato e l’indicizzazione rende la moneta relativamente forte, il che facilita le importazioni. Ma al tempo stesso penalizza le esportazioni dei prodotti locali all’estero e mette, quindi, un freno allo sviluppo delle economie locali.
Il primo passo verso la riforma del franco CFA risale allo scorso 7 novembre allorquando il presidente beninese, Patrice Talon, ha annunciato in un’intervista rilasciata alle emittenti francesi la sua decisione di ritirare rapidamente le riserve valutarie del suo paese con sede a Parigi, definendo questo sistema monetario come “un problema psicologico” e non “tecnico”. Inoltre il capo di stato beninese ha assicurato che la Banca Centrale dei paesi Africani dell’ UEMOA (Unione monetaria dell’Africa occidentale) gestirà tutte queste riserve valutarie e le distribuirà tra le varie banche centrali partner nel mondo. Gli otto Paesi africani aderenti all’Unione economica e monetaria ovest-africana (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo), guidati dal loro portavoce, il presidente beninese Tallon, hanno espresso dunque la loro volontà di sganciarsi dall’attuale sistema monetario, fortemente ancorato alla Banca Francese. In quest’ottica le parole utilizzate dal presidente Tallon sul futuro e progressivo abbandono del franco Cfa sono state particolarmente significative, “Non posso comunicarvi la data, ma mentalmente quello è già il nostro punto di arrivo”.
Nulla cambierà invece per i restanti 6 Paesi aderenti al “vecchio sistema” (Camerun, Chad, Repubblica Centrale Africana, Congo, Guinea Equatoriale e Gabon).
La sostituzione della vecchia moneta sarà accompagnata da due importanti riforme: in primis i paesi africani non saranno più tenuti a depositare le proprie riserve valutarie in un conto operativo depositato presso la Banca di Francia, e il ritiro dei rappresentanti francesi da tutti gli organi decisionali della Banca centrale degli Stati dell’Africa occidentale (Bceao), in altre parole la fine di un diritto di veto all’interno del consiglio di amministrazione dell’UEMOA. In base agli accordi monetari vigenti, i paesi UEMOA sono obbligati a depositare almeno il 50% delle loro riserve valutarie presso il Tesoro di Parigi in cambio di una garanzia di convertibilità con l’euro.
Nonostante l’annuncio dell’abolizione del franco Cfa, la nuova valuta che ne prenderà il posto dovrebbe tuttavia mantenere una parità fissa con l’euro. L’idea è di evitare i rischi di inflazione, come ha affermato il presidente ivoriano Alassane Ouattara durante la conferenza stampa del 21 dicembre alla presenza del suo omonimo francese Macron. Questa parità fissa è tuttavia una delle caratteristiche del franco CFA più criticata dagli economisti africani, secondo cui l’ancoraggio all’euro, moneta forte, pone problemi per le economie della regione, molto meno competitive, che necessitano dare la priorità alla crescita economica e all’occupazione piuttosto che affrontare l’inflazione. Questi economisti chiedono la fine della parità fissa con l’euro e l’indicizzazione su un paniere delle principali valute mondiali, il dollaro, lo yuan cinese, oltre che l’euro, corrispondenti ai principali partner economici dell’Africa. Pertanto, poiché l’ECO avrà ancora un tasso di cambio fisso con l’euro, non sarà ancora possibile sviluppare pienamente l’economia locale sul lato delle esportazioni. Una misura dunque che compromette fin da subito la convertibilità indipendente dell’ECO a livello internazionale.
A ciò si aggiunge che Parigi manterrà il suo ruolo di garante finanziario per gli otto paesi UEAMOA. Se infatti la Banca centrale degli Stati dell’Africa occidentale (Bceao) affronterà un’eventuale carenza di fondi per coprire i suoi impegni in valuta estera, sarà in grado di ottenere dalla Banca Francese “gli euro necessari”. Questa garanzia assumerà la forma di una “linea di credito” e quindi un ulteriore debito. Il tutto è stato motivato non a caso dal presidente Ouattra, supportato ampiamente dalla Francia, ad evitare la speculazione e il volo del capitale.
Nel frattempo un gruppo di Paesi tra cui Nigeria, prima economia del continente, e diversi altri paesi dell’Africa occidentale, in particolare quelli di lingua inglese, hanno espresso preoccupazione per la “decisione unilaterale” di sostituire il franco CFA da parte di alcuni Paesi dove la moneta è in vigore. Questi paesi anglofoni infatti sostengono che l’avvento dell’Eco al posto del CFA è una decisione non conforme alla road map concordata nel giugno scorso che prevedeva l’introduzione della nuova moneta unica dal primo gennaio 2020 in tutti i quindici paesi africani, di cui sette del Centro Africa e otto dell’Africa occidentale. Peraltro questo gruppo di Stati, riluttanti di fronte a queste riforme, sa di poter fare anche affidamento sui capitali e investimenti cinesi sempre più crescenti, e potrebbero ancorare la nuova moneta allo yuan piuttosto che all’euro. Ma quest’ultimo aspetto potrebbe rappresentare un fallimento per l’influenza economica della Francia su questi paesi, che difficilmente riuscirà a rinunciare.
Questo dimostra come la situazione è in continua evoluzione ed é caratterizzata da diverse sfaccettature e incognite. Sul piano simbolico e politico certamente l’introduzione dell’Eco sarà significativa, ma se i tutti i 15 paesi Africani riusciranno a mettere in pratica un progetto di moneta unica sarà un passo determinante per l’integrazione del continente e per una certa maturità dalla potenza francese, ma non solo, che ancora domina la regione. Tutto dipenderà da come gli stati africani riusciranno a gestire questa fase e la possibilità di una loro collaborazione in tema di politiche monetarie.