Draghi ‘atlantista ed europeista, meno indulgente con la Cina’

di Enrico Oliari * –

Lo scorso maggio il Parlamento europeo ha votato di non prendere in considerazione alcun colloquio sulla ratifica dell’accordo commerciale Ue-Cina (Cai – Comprehensive Agreement on Investment) finché non verranno revocate le recenti sanzioni cinesi contro i legislatori Ue. Sanzioni che rappresentavano contromisure a quelle introdotte dal Consiglio europeo nei confronti di persone ed entità ritenute coinvolte nella repressione della minoranza islamica uigura della provincia dello Xinjiang. Tra l’altro è notizia di oggi della ripresa del governo centrale di Pechino della politica di controllo delle nascite della popolazione uigura, che si vorrebbero tagliare di 4,5 milioni entro i prossimi 20 anni.
Nonostante la programmata (da parte di Pechino) Nuova Via della Seta, i rapporti tra l’Unione Europea e la Cina sono sulla strada per divenire burrascosi, ed il Financial Times ha riportato che il premier italiano Mario Draghi è propenso a mantenere la vocazione “decisamente atlantista ed europeista”, con “un più ampio ripensamento delle relazioni Ue con la Cina, che di recente ha portato il Parlamento europeo a congelare l’accordo commerciale con Pechino”.
Solo due anni fa il governo Lega – 5Stelle aveva sottoscritto tra i borbottii di Bruxelles con la controparte cinese un memorandum d’intesa per la cooperazione al progetto della Nuova Via della Seta ma, come riporta il prestigioso quotidiano britannico, Draghi ha firmato “un decreto che ha posto fine simbolicamente al corteggiamento italiano della Cina”. Tra l’altro il premier ha bloccato in questi giorni l’acquisizione da parte della Shenzhen Investment Holdings, azienda cinese semicontrollata dallo Stato, del 70% della società privata milanese LPE, produttrice di semiconduttori.
Per il Financial Times la linea di Draghi, “importante attore europeo”, potrebbe rappresentare uno “spartiacque per l’Italia”, un “approccio meno indulgente nei confronti degli investimenti esteri strategici”, soprattutto ora che “la pandemia ha reso vulnerabili molte imprese italiane”.

* Con fonte Ansa.