E’ gelo fra Parigi e Roma dopo la spensierata visita di Di Maio ai Gilet gialli

Mattarella, 'va ristabilito immediatamente il clima di fiducia con la Francia'.

di Enrico Oliari

Quella di Parigi è una vera e propria offensiva nei confronti del governo italiano, dopo mesi di punzecchiature e veri propri attacchi da parte dei due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, una volta sul Franco coloniale, un’altra sui migranti, un’altra ancora sul tunnel della Tav, poi sul ruolo della Francia nel contesto europeo, sull’asilo ai terroristi, sullo sforamento del 3%, ed infine con l’appoggio dato in casa da Luigi Di Maio ai Gilet gialli francesi, i quali da settimane mettono a ferro e fuoco il paese. Tutto va bene, insomma, per fare propaganda politica e campagna elettorale, ma giustamente è stato fatto notare dal portavoce del governo francese Benjamin Griveaux al leader leghista ed a quello pentastellato che “tali battute non hanno evitato all’Italia di andare in recessione”.
A forza di chiacchiere, di slogan e di insulti qualcuno oltr’alpe ne ha avuto abbastanza, ed il richiamo a Parigi con la classica formula “per consultazioni” dell’ambasciatore Christian Masset è una mossa forte, tanto che bisogna tornare al 1940 e all’Italia di Mussolini per trovare il precedente.
In modo del tutto spensierato Salvini e Di Maio hanno così giocato con il fuoco, perché se nella loro retorica l’eldorado è l’Ungheria di Viktor Orban o ancora meglio la Russia di Vladimir Putin, per gli italiani e per i loro interessi gli amici sono i francesi, sia per ragioni di vicinanza che storiche, si pensi che la bilancia commerciale tra i due paesi è di 77,1 miliardi l’anno.
Forse dimentico del fatto di essere un esponente del governo della Repubblica italiana e non solo il leader di un movimento politico, Di Maio ha precisato che il suo incontro con alcuni leader dei Gilet gialli, peraltro sconfessati da parte del movimento, è servito “a cercare il dialogo, non alleanze”, ma giustamente gli è stato fatto notare dal ministro francese per gli Affari europei, Nathalie Loiseau, che “ognuno faccia prevalere la preoccupazione per gli affari del proprio Paese, del benessere della propria popolazione e di fare in modo di avere buone relazioni con i vicini”.
All’esponente 5Stelle Alessandro Di Battista continua tuttavia a non andar giù il Franco coloniale, moneta utilizzata da 14 paesi che secondo i grillini verrebbe utilizzata dalla Francia per una sorta di neocolonialismo: su Twitter ieri ha scritto che “invece di richiamare in patria l’ambasciatore francese in Italia, suggerisco al presidente Macron di richiamare in Francia quei dirigenti francesi che dettano ancora legge nelle banche centrali africane. Noi abbiamo sollevato una serie di questioni: il controllo da parte dei governi francesi delle risorse africane; il tema del Franco Cfa, una moneta stampata a Lione e poi spedita a 14 paesi africani e che toglie sovranità monetaria all’Africa”. Guardare in casa degli altri insomma, mentre, appunto, l’Italia va in recessione. Anche perché la realtà è ben diversa da quella che Di Batista cerca di far passare: con la fine del colonialismo 14 paesi africani hanno mantenuto il Cfa, e per una questione di garanzie tali paesi hanno in deposito presso la Banca di Francia circa 10 miliardi di euro (il 50% delle loro riserve), i quali non possono in alcun modo essere toccati dal governo, men che meno per pagare il debito pubblico francese, come invece hanno sostenuto i grillini.
Va inoltre detto che nessuno, e quindi neanche la Francia, ha mai impedito ai paesi ex coloniali o agli ex protettorati di avere una propria moneta, si pensi all’Algeria.
Il patatrac che si è venuto a determinare con i cugini francesi ha provocato in Italia una marea di polemiche nei confronti dei due vicepremier, soprattutto da parte delle opposizioni, ed anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è dovuto intervenire strigliandoli a dovere: al suo rientro dall’Angola, dov’era in visita, Mattarella ha espresso viva preoccupazione, ed ha affermato che va ristabilito immediatamente il clima di fiducia con la Francia. Il premier Giuseppe Conte è intervenuto invece dal Libano, e nel tentativo di calmare le acque ha detto che “Il rapporto tra Italia e Francia ha radici antiche, non è in discussione”.
Bisogna però vedere cosa ne pensano a Parigi, e se sono disposti ad accettare che si perpetui un clima di sfida nei loro confronti.