EGITTO. Ancora scontri fra i pro e i contro Morsi: la Fratellanza parla di 139 morti

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Egitto scontriSarebbero decine, se non oltre il centinaio, il numero dei morti a causa degli scontri che da ieri si sono protratti fino a stamane in Egitto fra i sostenitori del deposto presidente Mohammed Morsi, in particolar modo i Fratelli Musulmani, e coloro che ne hanno sostenuto la caduta, favorendo così l’intervento dei militari e la nomina di un nuovo governo di transizione guidato da Hazem al-Beblawi.
Fonti sanitarie hanno riferito, al momento, di 75 vittime, mentre i Fratelli Musulmani hanno parlato di 139 morti in tutto il paese e di oltre mille feriti, cifre confermate da al-Jazeera, per quanto poco attendibile dal momento che il Qatar, paese in cui ha sede la televisione panaraba, ha sempre finanziato la Fratellanza e sostenuto il presidente Morsi.
Gli scontri più violenti si sono registrati ad Alessandria e nel quartiere Nasr City del Cairo, roccaforte dei sostenitori di Morsi.
Il sito della Cnn riporta l’accusa dei Fratelli Musulmani secondo la quale la polizia avrebbe sparato ad altezza d’uomo con proiettili veri per disperdere un sit-in che bloccava Ponte 6 ottobre, sul Nilo, nel centro del Cairo.
Condanna delle violenze è stata espressa dal capo della diplomazia europea, Chaterine Ashton, la quale ha detto che lo scontro tra opposte fazioni “non è una soluzione”: l’unica via percorribile “è un rapido progresso verso un processo di transizione inclusivo. La riconciliazione e il dialogo sono di fondamentale importanza in questa fase critica, non c’è spazio per discorsi che alimentino l’odio e la violenza. Tutte le parti, compresi i Fratelli Musulmani, devono essere coinvolte nel processo di transizione che, senza influenze esterne al quadro democratico, deve portare al ristabilimento dell’ordine costituzionale, a libere elezioni e a un governo civile”. Ashton ha quindi auspicato la liberazione dei detenuti politici, compreso Morsi e i suoi più stretti collaboratori: “L’annuncio di nuove accuse nei loro confronti – ha spiegato – non contribuisce certo a creare quell’atmosfera costruttiva di cui oggi l’Egitto ha bisogno”.