Negli Usa si scrive “aiuti” si legge “armi”

di C. Alessandro Mauceri –

Negli ultimi giorni quotidiani, tg e mezzi di stampa si sono prodigati nel diffondere la notizia degli aiuti promessi all’Ucraina e a Israele dal presidente Usa Joe Biden, chiesti in particolare modo a squarciagola dal collega ucraino Volodymyr Zelensky e, dopo travagli politici, stanziati dal Congresso statunitense.
Degli oltre sessanta miliardi di dollari di “aiuti” destinati all’Ucraina una parte considerevole non lascerà mai i confini degli Usa, in quanto serviranno all’acquisto di munizioni di artiglieria (a partire da quelle da 155 mm) e mezzi di difesa aerea come i missili Patriot, chiesti da Zelensky delle scorse settimane, ma anche missili a lungo raggio Atacms (salvo rischi per gli interessi nazionali statunitensi).
Il Pentagono ha già fatto sapere di essere pronto a inviare nel giro di pochi giorni la prima fornitura di armi, ufficialmente per ridurre la finestra temporale entro la quale i russi possano compiere nuove azioni offensive. In realtà tale prontezza contrasta con i fisiologici tempi organizzativi, per cui è possibile constatare che la votazione del Congresso sia stata solo una formalità, ovvero che fosse stato deciso tutto ben prima che i congressisti alzassero la mano. Difatti tali “aiuti” si trovano già disponibili nei depositi negli Usa e in Europa.
Tuttavia un’altra parte dei soldi stanziati, comunque prestiti e non regali, non arriverà mai nelle casse ucraine, da momento che si tratta degli 11,3 miliardi di dollari già destinati a coprire le spese delle operazioni militari statunitensi in corso in Europa. Un’altra quota considerevole dei fondi dovrebbe costituire un prestito per supportare il bilancio dello Stato ucraino, ma con forme incerte di restituzione.
La decisione di approvare questi aiuti considerevoli (solo questo pacchetto, e non è il primo, ammonta a oltre due manovre finanziarie dell’Italia) è arrivata grazie ad un accordo bipartisan al Congresso, un’intesa tra democratici e repubblicani sorprendente visto l’approssimarsi del voto per le presidenziali. D’altronde quella delle armi è una delle industrie portanti dell’economia statunitense, con 750 miliardi di dollari l’anno per fucili, missili e cannoni che se non utilizzati rimarrebbero ad ammuffire nei depositi.
La sorpresa maggiore deriva tuttavia da altre due decisioni del Congresso, anche queste approvate lo stesso giorno e anche queste grazie al voto bipartisan di democratici e repubblicani, di cui diversi media italiani ed europei hanno preferito non proferire parola. Insieme ai finanziamenti per l’Ucraina il Congresso di Washington ha approvato altri due pacchetti analoghi, che prevedono 26 miliardi di dollari di “aiuti” per Israele e 8 miliardi di dollari di “aiuti” per Taiwan.
Dei 26 miliardi di dollari di “aiuti” per Israele, solo 9 sono destinati al sostegno umanitario a Gaza, dove due milioni di persone hanno dovuto abbandonare le loro case a causa dei bombardamenti e della mattanza compiuta dagli israeliani. Il resto riguarda ancora una volta la fornitura di armi a Israele. Un Paese, è bene ricordarlo, sul quale è in corso un processo per genocidio presso la Corte di giustizia internazionale delle Nazioni Unite, e proprio in questi giorni sono state trovate dalle autorità palestinesi fosse comuni con i cadaveri di uomini, donne e bambini in diversi casi legati. Un Paese, negli ultimi sei mesi, responsabile di aver bombardato e ucciso decine di migliaia di civili per la maggior parte donne e bambini. Eppure questo non ha impedito al Congresso statunitense di “aiutare” Israele stanziando circa 5,2 miliardi di dollari per il rifornimento e l’espansione dei sistemi missilistici, altri 3,5 miliardi di dollari per l’acquisto di sistemi d’arma avanzati e un miliardo di dollari per migliorare la produzione di armi. Anche in questo caso si tratta di fondi che, in parte, non lasceranno mai il territorio statunitense, dal momento che serviranno a foraggiare l’industria bellica locale.
La musica non cambia per Taiwan: degli 8 miliardi di dollari stanziati, 3,3 miliardi serviranno per realizzare nuove infrastrutture per i sommergibili, 2 miliardi serviranno per finanziamenti militari a Taiwan e altri alleati chiave della regione, e 1,9 miliardi per riapprovvigionare gli arsenali Usa sul territorio.
“Oggi i membri di entrambi i partiti alla Camera hanno votato per promuovere i nostri interessi di sicurezza nazionale e inviare un messaggio chiaro sulla potenza della leadership americana sulla scena mondiale”, ha affermato Biden dopo il voto. La misura approvata dai deputati non servirà però a promuovere la “sicurezza nazionale” degli USA. Servirà a foraggiare gli interessi economici di un Paese che ha fatto della guerra e della produzione di armi e armamenti uno dei propri obiettivi economici primari.