Egitto. Condannato a 15 anni il fondatore della ong Ecrf Ezzat Ghoniem

Con lui altri 13 membri dell'associazione. Noury (Amnesty International), 'l'Italia condanni'.

Agenzia Dire

Si è concluso con una condanna a 15 anni di carcere il processo a carico di Ezzat Ghoniem, fondatore dell’ong Egyptian Coordination for Rights and Freedoms (Ecrf), in carcere dal 2018. Dure condanne hanno coinvolto anche altri tredici membri dell’ong, tra cui l’avvocato Muhammad Abu Horeira, costretto anche lui a scontare 15 anni dietro le sbarre. Saranno invece dieci per la moglie Aishaa al-Shater e per Sumaya Nassef, cinque per l’avvocata Hoda Abdelmoneim.
Come riferisce all’agenzia Dire il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury, “questo verdetto corrisponde alle politiche criminalizzanti del presidente Abdel Fatah al-Sisi, secondo cui chi si occupa di diritti umani è giudicato colpevole di reati quali adesione, finanziamento e sostegno al terrorismo nonché diffusione di notizie false”.
Noury fa sapere che il procedimento giudiziario è stato celebrato da un tribunale di emergenza, con udienze a porte chiuse all’interno del complesso penitenziario di Badr. Il portavoce di Amnesty chiarisce che gli avvocati, a cui era stato negato l’accesso agli atti giudiziari nel corso delle indagini,
non hanno avuto il permesso di interrogare i testimoni dell’accusa.
Per Noury è inoltre rilevante che nel corso delle udienze “non si è fatto minimamente cenno alle torture, compresa la violenza sessuale, e alle sparizioni forzate subite dagli imputati, in carcere sin dal 2018. Da quell’anno, nessuno di loro ha potuto vedere i familiari tranne Hoda Abdelmoniem, che li ha incontrati una sola volta”.
Noury avverte: “I tribunali d’emergenza funzionano ancora e processano le persone per reati d’opinione, come Patrick Zaki, lo studente dell’Università di Bologna ancora sotto accusa per diffusione di false notizie. L’Italia dunque non dia per scontato l’esito di quel procedimento e non abbassi la guardia sulle violazioni dei diritti umani in Egitto. Le pesantissime pene emesse contro i leader del Coordinamento egiziano per i diritti e le libertà devono suscitare la dura condanna del nostro governo e far capire che i buoni rapporti con Il Cairo in termini economici e commerciali non stanno migliorando di un passo le condizioni di vita della popolazione: da dieci anni ormai chi lavora per la democrazia e la libertà viene perseguitato”.