Erdogan mediatore di pace. Ma a crederci sono in pochi

di Shorsh Surme

La mediazione di Recep Tayyp Erdogan nel conflitto russo-ucraino, per il quale ha manifestato equidistanza fra le parti, dà al presidente turco l’opportunità sia di accrescere il consenso interno che di acquisire un ruolo importante nella scena mediorientale e internazionale, dopo che questo si era offuscato qualche anno fa. La Turchia è infatti membro della Nato e come tale dovrebbe guardare a occidente, ma ambiguamente ha acquistato dai russi, tra gli strali di Donald Trump, le batterie da difesa S-400, pensate per abbattere anche gli F-35 dell’Alleanza Atlantica. Nel contempo vi sono importanti investimenti russi in Turchia, come per la costruzione di una centrale atomica ed altre infrastrutture, mentre a nord vanno prodotti agroalimentari, solo lo scorso anno quasi 1,5 milioni di tonnellate di frutta e verdura fresca.
Erdogan vuole quindi fare della Turchia il ponte fra occidente e Russia, ma anche Medio Oriente, ma è proprio il suo atteggiamento ambiguo e poco allineato a obbligare gli aletta a ovest ad una certa prudenza.
Infatti il presidente turco vuole la pace fra i russi e gli ucraini ma muove costantemente guerra ai curdi, con Vladimir Putin ha interagito per le crisi del Nagorno-Karabakh, della Siria e della Libia, e per quanto riguarda il risiedo dei diritti civili e delle libertà individuali non è certo messo meglio del collega russo. Dissapori con gli europei sono in atto per la questione cipriota e per lo sfruttamento dei giacimenti di gas nel Mediterraneo nord-orientale.
A occidente ci si chiede quindi quali siano le vere intenzioni di Erdogan, e soprattutto se ha ancora interesse a interagire con Ue e Nato, oppure se più semplicemente sta cercando di mettere il piede in due scarpe. Di certo al suo ruolo di mediatore di pace disinteressato ci credo in pochi, soprattutto in Ue, verso la quale ha persino utilizzato la leva dei migranti per fare pressioni.