di C. Alessandro Mauceri –
Tra poche settimane gli elettori dell’Unione europea saranno chiamati a esprimere le proprie preferenze per il Parlamento europeo. Non tutti però risponderanno a questo invito: alle scorse elezioni, quelle del 2019, poco più del 50 per cento degli aventi diritto al voto dell’UE si recò al seggio. Un risultato deludente e per molti aspetti preoccupante. Eppure le autorità lo presentarono come un successo: “la più grande affluenza mai registrata negli ultimi 20 anni e il primo aumento della partecipazione dalle prime elezioni dirette del 1979”. Particolarmente grave la situazione in alcuni Paesi: in Polonia ad esempio la partecipazione raddoppiò, passando dal 23 per cento al 45 per cento. Ma questo significa che oltre metà dei polacchi aventi diritto al voto non andarono a votare.
A conti fatti, il gruppo politico con più elettori nell’UE è quello degli astenuti, degli indifferenti. Cosa accadrebbe se a giungo 2024, una percentuale rilevante di questi loro si unisse e decidesse di andare a votare?
Uno spunto per rispondere a questa domanda viene da quello sta avvenendo in Irlanda. Alle prossime elezioni europee potranno votare anche molte persone che alle scorse elezioni erano state escluse dal “diritto al voto”: i senzatetto. Finora, in gran parte dei Paesi dell’UE la regola era “nessun indirizzo, nessun voto”. Questo significava privare del diritto al voto un numero enorme di persone: secondo una relazione congiunta redatta dalla Federazione europea delle organizzazioni nazionali che lavorano con i senzatetto (FEANTSA) e dalla Fondazione Abbé-Pierre, nell’UE vi sono almeno 700mila senzatetto e quasi 9 milioni di famiglie costrette a vivere in alloggi “inadeguati”. Un numero in costante aumento. A loro si aggiungono le persone i condizioni di povertà assoluta: per molte di loro la priorità è trovare come sopravvivere giorno dopo giorno. Recarsi al seggio per esprimere la propria preferenza su questo o quel partito è assolutamente secondario per non dire inutile (una perdita di tempo).
Per molti potenziali elettori la difficoltà derivava dalla impossibilità di fornire prova della propria residenza prima di votare. Alcuni tribunali, però, hanno annullato queste limitazioni. Oggi, per gli elettori dovrebbe essere sufficiente includere il luogo che considerano “residenza” nel modulo di registrazione. Che sia il centro di accoglienza dove passano la notte o di un rifugio per senzatetto o altro. Indicare questo luogo come “residenza” garantisce a queste persone il diritto al voto. E ai funzionari elettorali di assegnare loro un seggio elettorale per il voto più difficile se una persona senza alloggio desidera esprimere un voto per corrispondenza o per assenza).
Un cambiamento importante visto che in molti Paesi il numero dei senzatetto è considerevole e la povertà è in costante aumento. Soprattutto nelle grandi città europee. A Dublino, ad esempio, negli ultimi anni il numero dei senzatetto è quadruplicato: ora sono oltre 14mila. In Italia, i senzatetto sono quasi centomila, il doppio rispetto a qualche anno fa. Ma a questi si dovrebbero aggiungere i poveri “assoluti” che sono quasi il dieci per cento della popolazione (9,7 per cento secondo i dati ISTAT relativi al 2022). Le statistiche dell’Istat sulla povertà – Anno 2022 Anche loro sono in aumento. Ad esempio, solo a Roma, solo i senzatetto sono oltre ventimila. Ma alle ultime elezioni europee diversi europarlamentari sono stati eletti con molti meno voti. Cosa accadrebbe se all’improvviso ai senzatetto venisse riconosciuto il diritto di andare a votare e decidessero di farlo? Di far sentire la propria voce in Parlamento e – perché no – magari di avere i propri rappresentanti a Strasburgo/Bruxelles?
In Irlanda questo cambiamento è già iniziato. Per tanti anni l’ing.Flanagan ha dormito in una macchina: “La crisi dei senzatetto e degli alloggi è il più grande problema della società negli ultimi anni e voglio usare il mio voto per cercare di guidare l’azione su questo problema”, ha detto Flanagan. Anche Catherine Keenan, una nonna di 53 anni, la possibilità di votare è stata una sorpresa: “Mi restituisce un po’ di speranza che le cose cambino”, ha dichiarato. Dopo una relazione violenta e due figli, Keenan ha dormito per anni nelle stazioni ferroviarie o sulle panchine di pietra, per strada. “Mi è stato tolto un sacco di potere”, ha detto dal centro di beneficenza di Dublino, dove si prende cura del figlio affetto da autismo. “Ma forse, se voto, faranno qualcosa per me e la mia famiglia”.
È proprio questo il punto: cosa accadrebbe se queste persone non solo decidessero di “godere del proprio diritto/dovere di voto”, ma si organizzassero politicamente e cominciassero a presentare le proprie richieste? In Irlanda, è già nato un nuovo partito, The Left, che ha ottenuto buoni risultati. Secondo gli ultimi dati di Ipsos, in Irlanda il problema principale per 5 milioni di irlandesi è l’alloggio. Più dei migranti o del costo della vita e dell’assistenza sanitaria. Per questo i vecchi partiti stanno cercando di porre un freno a tutto questo: “Abbiamo messo in atto un piano decennale: Housing for All. Il piano è quello di consegnare 300mila case entro il 2030, per eliminare il problema dei senzatetto entro il 2030” ha detto la senatrice Mary Fitzpatrick.
E negli altri Paesi dell’Ue? Nel 2020, l’eurodeputata lituana Vilija Blinkevičiūtė ha presentato una interrogazione al PE per comprendere se, all’interno dei Paesi europei, il diritto al voto è rispettato anche quando l’elettore è un senzatetto. Nel 2021 è arrivata la risposta. In essa oltre ad una serie di promesse e belle parole, si legge che “spetta agli Stati membri, nel pieno rispetto dei valori fondamentali del diritto dell’Unione e del diritto comunitario, determinare le modalità amministrative per l’organizzazione delle elezioni e alle autorità amministrative e giudiziarie nazionali competenti garantire il rispetto delle pertinenti norme internazionali”. In poche parole, i membri del Parlamento europeo hanno preferito scaricare la spinosa questione sui singoli Stati.
Resta da capire cosa accadrà quando in tutti i Paesi Ue, i senzatetto decideranno di unirsi in un partito e di presentare le proprie richieste per far valere i propri diritti. E cosa succederà se decideranno di farlo non solo al Parlamento europeo, ma all’interno dei confini nazionali.