Evoluzione del processo d’integrazione dell’Albania nella Ue

di Armando Donninelli

Il percorso che dovrebbe portare l’Albania a far parte dell’Ue inizia, da un punto di vista formale, nel giugno del 1999. In tale momento viene a stipularsi il Patto di Stabilizzazione e Associazione tra l’Unione e cinque paesi dell’Europa sud-orientale (Bosnia-Erzegovina, Croazia, Repubblica Federale di Jugoslavia, Macedonia e Albania). Si tratta di accordi che sono modellati in funzione delle peculiarità di ogni paese, il loro obiettivo è cercare di aiutare tali Stati a entrare a pieno titolo nell’Ue.
Nel giugno del 2000 il Consiglio Europeo riunito a Santa Maria de Feira afferma che tutti e cinque i paesi appena menzionati sono potenziali candidati all’ingresso nell’Unione. Si tratta di un passo preliminare per la stipulazione dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione, la cui conclusione con l’Albania avvenne nel giugno del 2001, e che rappresenta una tappa imprescindibile nel procedimento che deve portare un paese a far parte dell’Ue.
Mentre le trattative proseguivano, erano fatti dei progressi per tutti e cinque i paesi menzionati all’inizio. Difatti nel giugno del 2003, il Consiglio Europeo riunito a Salonicco, afferma che tutti e cinque gli Stati entreranno a far parte dell’Unione una volta soddisfatti i requisiti posti dalle istituzioni di Bruxelles. Nel caso specifico dell’Albania, l’accordo di stabilizzazione e Associazione fu firmato nel giugno del 2006.
In questo processo di progressivo avvicinamento del paese balcanico all’UE, va ricordato l’accordo firmato ad aprile del 2007 dal governo di Tirana con l’allora Commissario UE alla Giustizia, Franco Frattini, diretto ad agevolare la concessione dei visti d’ingresso, ciò in vista di una loro futura e totale eliminazione.
Ad aprile del 2009, a seguito dell’entrata in vigore dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione con l’Ue, il governo di Tirana presenta formale domanda per l’ingresso nell’Unione. Nel dicembre 2010, a dimostrazione dell’evoluzione positiva del processo d’ingresso, il Consiglio dell’Unione Europea concede la liberalizzazione dei visti per i cittadini albanesi in tutta l’Area di Schengen.
Quest’ultima è un’innovazione molto positiva per le persone provenienti da quel paese che, da quando è crollata la dittatura, guardano all’Europa come un ambiente dove migliorare il proprio tenore di vita. Le stesse forze politiche albanesi riflettono nella loro azione questo sentimento europeista, basti pensare che i diversi partiti abbiano collaborato efficacemente per cercare di soddisfare le richieste provenienti da Bruxelles, mettendo in questo modo da parte vecchie e profonde divergenze.
I progressi effettuati sono stati consistenti, l’Ue ha riconosciuto ciò attribuendo all’Albania lo status di candidato ufficiale all’ingresso dell’Unione. Contemporaneamente, però, le istituzioni di Bruxelles hanno evidenziato che per fissare una data precisa all’entrata del paese balcanico nell’Unione è necessario portare a termine altre riforme. In particolare in materia di giustizia, comprendente il tema della lotta alla corruzione, e per quanto riguarda i diritti fondamentali.
I politici albanesi tennero conto molto seriamente di tali richieste, lavorando molto duramente per soddisfarle. Basti pensare, all’indiscutibile successo di portare a termine la riforma del sistema giudiziario in conformità a quelli che sono gli orientamenti Ue, però risultati positivi sono stati raggiunti anche in altri settori. Tutto ciò ha convinto i 28 membri dell’Unione ad aprire con il governo di Tirana i negoziati di adesione, dal giugno 2019, i quali avrebbero dovuto portare a una data certa per il tanto agognato arrivo dell’Albania nella casa comune europea.
Tuttavia questo percorso, che fino a quel momento aveva dato dei risultati indubbiamente positivi, subì una pesante battuta d’arresto nel corso del Consiglio Europeo dell’ottobre 2019. Qui tre paesi, vale a dire Francia, Olanda e Danimarca, si sono opposti all’ingresso del paese balcanico nell’Unione, contraddicendo cosi precedenti promesse che avevano fatto. Tutto ciò con la motivazione ufficiale, ma anche piuttosto generica, che l’Albania avesse avuto bisogno di altre riforme.
Ovviamente la Francia, viste le sue dimensioni tra i tre paesi citati, è quella che ha avuto un peso maggiore in tale veto. Alcuni osservatori hanno fatto notare che in tale posizione del governo di Parigi, da sempre poco interessato a quanto avviene in Albania, possa aver avuto un ruolo fondamentale il progressivo avvicinamento tra Francia e Russia. Quest’ultima, legata a un’antica e solida alleanza con la Serbia, ha rapporti pessimi con l’Albania, ciò, in particolare, per quanto riguarda la questione del Kosovo.
Tutto ciò ha ovviamente creato grande delusione nell’opinione pubblica albanese la quale, giustamente, sperava che il diffusissimo desiderio di entrare nella casa comune europea stesse finalmente per realizzarsi.
Il 24 marzo 2020 i 27 ministri dei paesi Ue, con delega agli affari europei, si sono riuniti in videoconferenza e hanno deciso la riapertura dei negoziati, oltre che per l’Albania anche per la Macedonia del Nord. Sarà la Commissione Ue che ora dovrà presentare un quadro giuridico per lo svolgimento delle trattative. Ciò è stato ratificato da una decisione del Consiglio Europeo svoltosi il giorno seguente.
In tale riunione è emerso che, mentre le resistenze della Danimarca sembrano essersi attenuate, ancora molto forti sono apparse quelle dell’Olanda e, in particolare, della Francia. Questi ultimi due paesi hanno sì consentito la riapertura dei negoziati, tuttavia, come condizione tassativa, hanno richiesto che non fosse stabilita nessuna data di partenza. Ciò a dimostrazione delle molteplici questioni preliminari da affrontare Va ricordato che, per consentire l’ingresso di un nuovo membro, tutti i paesi aderenti all’Unione devono essere d’accordo.
Va ricordato che i governi di Parigi e dell’Aia hanno chiesto un percorso differenziato e più difficile per l’ingresso dell’Albania, ciò rispetto a quanto vorrebbero per la Macedonia del Nord. In particolare, in base a dichiarazioni di esponenti dei due esecutivi, il paese illirico dovrebbe effettuare incisive riforme in materia di giustizia pluralismo nei mezzi d’informazione..
A testimonianza delle difficoltà di tale processo, sono da tenere in considerazioni le critiche fatte alla fine di maggio del 2020, per quanto riguarda le riforme della giustizia albanese, da parte di Genoveva Ruiz Calavero, responsabile della Commissione Ue per i Balcani occidentali e Presidente dell’Azione Internazionale di Monitoraggio. In pratica è l’organo esecutivo della UE che ha esplicitamente detto di non essere soddisfatto della situazione attuale nel paese balcanico, ciò nonostante le molteplici sollecitazioni provenienti da Bruxelles.
La stessa crisi causata dal Covid-19 non ha certo contribuito a distendere il clima. Difatti l’Ue sembra intenzionata a consentire, a partire dal 1 luglio 2020, solo l’ingresso di cittadini serbi e montenegrini. Ciò a dimostrazione delle grosse difficoltà che incontra il governo di Tirana nel suo tentativo d’integrazione nell’Unione.