Fao. A rischio l’obiettivo “fame zero entro il 2030″

di C. Alessandro Mauceri

L’ultimo rapporto alimentare della FAO, il “World Food Security and Nutrition Status”, ha rimesso pesantemente in discussione la possibilità di raggiungere l’Obiettivo Sostenibile dello Sviluppo (SDG) delle Nazioni Unite che prevedeva “fame zero entro il 2030”. Il motivo è semplice: nel mondo, il numero delle persone che soffre la fame invece che diminuire sta aumentando. Nel 2018 ben 821 milioni di persone erano affamate e malnutrite. E per oltre 2 miliardi di persone non è possibile parlare di alimentazione sana. Cindy Holleman, una delle autrici del rapporto, ha lanciato l’allarme: 96 milioni di persone in tutto il mondo “devono ricevere cibo o poter accedere alle risorse idriche o moriranno”.
I due indicatori principali utilizzati per monitorare i progressi nell’eradicazione della fame nel mondo sono la prevalenza della denutrizione, o PoU (Indicatore SDG 2.1.1) e l’insicurezza alimentare moderata o grave sulla base del FIES (Indicatore SDG 2.1.2). Entrambi questi indicatori mostrano livelli preoccupanti, soprattutto in Africa (in termini percentuali rispetto alla popolazione) e in Asia (come valori assoluti).
Tre le principali cause dell’aumento della fame vi sono i conflitti regionali, i cambiamenti climatici e il rallentamento dell’economia globale.
Tra le novità del rapporto 2019 anche l’introduzione di stime dell’insicurezza alimentare che combina livelli moderati e gravi. Secondo le stime il 9,2% della popolazione mondiale è stata esposta a gravi livelli di insicurezza alimentare nel 2018, il che implica riduzioni della quantità di cibo consumato nella misura in cui hanno probabilmente sperimentato la fame. A questo si aggiunge un ulteriore 17,2% della popolazione mondiale, 1,3 miliardi di persone, che ha sperimentato insicurezza alimentare a livelli moderati, il che significa che non ha avuto accesso regolarmente a alimenti nutrienti e sufficienti. La combinazione di livelli moderati e gravi di insicurezza alimentare porta il totale al 26,4% della popolazione mondiale, pari a circa 2 miliardi di persone.
I dati riportati nel rapporto evidenziano un aspetto più volte sottolineato: in barba alle promesse fatte da decenni, il divario tra paesi ricchi e paesi poveri sta aumentando, come pure le conseguenze per l’uomo che ne derivano. Oltre metà dei paesi del mondo è costretta a far fronte ad una “disuguaglianza globale” che mette a rischio la vita delle persone. La povertà diffusa spesso spinge le persone a ricorrere ad alimenti malsani, ma generalmente più economici, come dimostra anche il tasso di sovrappeso e obesità in aumento in questi paesi: nessuna regione è esente da un’altro problema quello dell’obesità e da livelli di sovrappeso che il rapporto definisce “epidemici”.
Un disuguaglianza che colpisce prima di tutto i bambini. Secondo il rapporto della FAO sono circa 149 milioni i bambini malnutriti. E di questi i nove decimi vivono in due soli continenti: Africa e Asia. Dal 2017 il trend discendente della denutrizione nel mondo ha invertito la rotta e ha ripreso lentamente a crescere. Ma mentre il livello globale della PoU ha subito variazioni ridotte (resta inferiore all’11 percento), il numero totale di denutriti (NoU) è aumentato. E per diversi anni consecutivi. Oggi nel mondo una persona su nove soffre la fame. Ma in tutto il pianeta allo stesso modo! In Europa e negli USA questa percentuale è inferiore al 2,5%. Basta spostarsi in Asia per rilevare percentuali che vanno dal 5 a quasi il 15% a seconda dei vari paesi, con valori più elevati nel meridione dove il dato è influenzato dall’India, e verso il Medio Oriente, da troppi anni vittima delle “missioni di pace”. Se si guarda al continente africano poi, questa percentuale schizza verso l’alto: in Africa orientale arriva a superare il 30%. Su una popolazione di 1,288 miliardi di africani, 676 milioni soffrono di insicurezza alimentare moderata o grave e di questi 277 milioni sono in condizioni di insicurezza grave.
La malnutrizione si manifesta in più forme. Ma il risultato è uno e uno solo: la denutrizione materna e infantile è causa o concausa del 45% delle morti nei bambini sotto i cinque anni. Le varie forme di malnutrizione si intrecciano durante tutto il ciclo di vita, partendo con la malnutrizione materna, poi il basso peso alla nascita e l’arresto della crescita del bambino che a volte danno luogo ad un aumento del rischio di sovrappeso in età avanzata. Sovrappeso e obesità che sono in aumento in quasi tutti i paesi, e contribuiscono a 4 milioni di morti in tutto il mondo.
Secondo gli esperti della FAO la fame, misurata dalla prevalenza della denutrizione (PoU), è in aumento in molti paesi in cui l’economia ha rallentato o contratto. Sorprendentemente, la maggior parte dei paesi (44 su 65) sono a medio reddito. Solo 19 (su 65) sono paesi a basso reddito, di cui 17 situati in Africa. A questo si deve aggiungere un altro aspetto geopolitico rilevante (e che spiega il prolungarsi di certi effetti sul medio periodo): raramente gli shock economici sono i principali motori delle crisi alimentari, di solito peggiorano la gravità dell’insicurezza alimentare acuta già esistente. 96 milioni di persone che hanno sofferto di acuta insicurezza alimentare nel 2018 vivevano in 33 paesi in cui l’economia stava attraversando shock economici di aumento della disoccupazione, mancanza di lavoro regolare, deprezzamento delle valute e prezzi elevati degli alimenti. L’economia della maggior parte di questi paesi (27 su 33) si stava contraendo, in base alla crescita del PIL reale pro capite per il 2015-2017.
Allo stesso modo, si pensi al fenomeno dell’aumento della “fame” in Medio Oriente, in contesti di crisi alimentare esiste un chiaro nesso di correlazione tra conflitti, rallentamenti e recessioni economiche. Nel 2018 i conflitti e l’insicurezza sono stati i principali motori delle crisi alimentari in 21 paesi, 14 dei quali hanno subito profonde recessioni economiche con una differenza media negativa di 2,4 punti percentuali nella crescita economica tra gli anni 2014 e 2017.
Crisi alimentari, fame nel mondo e morte che non sembrano interessare ai signori della guerra, però. E pensare che basterebbe una briciola percentuale della spesa che ogni anno i paesi “sviluppati” destinano ad armi e armamenti per sradicare la fame per tutti i bambini da 0 a 5 anni. Secondo i dati del SIPRI lo scorso anno la spesa in armi e armamenti ha raggiunto un nuovo record storico: 1.739 miliardi di dollari. Per eliminare la malnutrizione dei bambini ne basterebbe una briciola. E meno del 10% per eliminare del tutto la fame nel mondo e raggiungere subito due dei SDGs, gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile. E invece…