Focus Nord Est: la fuga dei cervelli italiani in Europa

A cura della redazione di Nord Est Business e Imprese

L’Europa è un’unione di paesi che dovrebbero condividere caratteristiche simili. In realtà la situazione è ben diversa. Prendiamo ad esempio il settore lavorativo. In Italia le opportunità per chi entra nel mondo del lavoro scarse, pochi posti di lavoro infatti a fronte di un numero molto elevato di giovani. Non solo, c’è un gap tra i posti di lavoro disponibili e le competenze che i candidati possiedono, giovani con lauree e dottorati che vedono passare davanti ai loro occhi solo annunci come commessi, magazzinieri e simili. Tutto questo non accade in molti altri paesi europei, dove i neolaureati vengono valorizzati e spesso possono trovare un posto di lavoro adeguato alle loro competenze.
Non solo, anche quando in Italia per un giovane è possibile accedere ad una carriera ben calibrata sulle proprie competenze, non sembra esserci alcuna meritocrazia. Capita infatti che i più promettenti non vengano scelti in favore di chi invece gode delle cosiddette “conoscenze”, o almeno questo è ciò che pensa il 48,6% degli italiani secondo una recente indagine di Almalaurea. Chi infine riesce ad ottenere quel lavoro tanto ambito deve fare i conti con una differenza abissale di retribuzione tra il nostro Bel Paese e i suoi vicini. Secondo i dati della società svedese Universal Global, il guadagno medio di un giovane italiano in possesso di laurea è di circa 1.850 € al mese, lordi, in Francia è invece di 3.568 €, in Germania è ancora più elevato, circa 4.048 €; simile la situazione negli Stati Uniti, con un guadagno mensile medio di 4.152 €, senza dimenticare la Svizzera, dove si arriva a 6.316 €.
Non c’è da stupirsi se la maggior parte dei ragazzi desidera vivere al di fuori dei confini nazionali; sono consapevoli infatti che là, lontano dall’Italia, ci sia per loro qualche speranza di avere successo nella vita.
Il risultato di questa fuga di cervelli dall’Italia è l’impoverimento di tutto il sistema e la perdita di competitività su scala globale. Con il trasferirsi all’estero delle giovani generazioni il nostro paese diventerà sempre più vecchio e anche la forza lavoro invecchierà così che la concorrenza che l’Italia può garantire sarà sempre meno performante. Carlo Bonomi di Assolombarda e Luciano Vescovi, che è capo degli imprenditori della provincia di Vicenza, hanno creato un asse lombardo-veneto ed hanno affermato che è necessario alzare le retribuzioni per far sì che i giovani restino nel nostro paese.
Il Veneto è senza alcun dubbio una delle regioni che sta vivendo il peggior flusso migratorio verso l’estero e questo è di due tipi: ltre ai giovani che scelgono di andare al di là dei confini italiani ci sono anche quelli che scelgono di restare in patria, ma non in Veneto, favorendo altre regioni, in particolare l’Emilia Romagna e la Lombardia. Perché il Veneto si trova a vivere una situazione disastrosa di questa tipologia? Perché si tratta di una regione che non riesce a valorizzare l’innovazione e puntare sulle nuove tecnologie. Le generazioni di oggi sono alla ricerca invece proprio di questi elementi ed ecco che quindi li vanno a cercare altrove; quelle venete sono inoltre spesso imprese chiuse in se stesse, che non hanno la capacità di fare rete e che anche per questo motivo non riescono ad allargare i loro orizzonti e ad offrire le giuste opportunità.
Senza alcun dubbio la situazione delle imprese del Nord Est è oggi così difficile anche a causa delle scelte che sono state prese in passato, tra cui le eccessive delocalizzazioni e la corsa alla riduzione del costo del lavoro, senza dimenticare i voucher venduti in Veneto, che nel 2016, appena quindi 3 anni fa, sono stati ben 17 milioni. Agire sul cuneo fiscale potrebbe garantire maggiori risorse da poter investire anche negli stipendi, ma da questo breve elenco di errori commessi in passato risulta chiaro che ci siano molti altri cambiamenti che devono essere messi in atto se si desidera un ribaltamento della situazione.