Francia. La polizia si ribella, tra “questione banlieue” e pericolo Isis

di Domenico Carbone

Ad un anno di distanza dagli attentati a Parigi che causarono la morte di oltre un centinaio di persone, il clima in Francia rimane molto teso. Da oramai un mese gli agenti di polizia manifestano alle istituzioni il loro disappunto per una situazione che li rende sempre più vulnerabili, non solo di fronte alla questione terrorismo ma anche nei confronti della criminalità comune.​
L’ultimo atto criminale ai danni di esponenti delle forze dell’ordine ha avuto luogo lo scorso giovedì 3 novembre. A Saint-Pierre-lès-Nemours, comune della regione dell’Île-de-France, una poliziotta è stata travolta da un’auto in fuga che sarebbe poi risultata rubata. Al volante sedeva un giovane di soli 16 anni e all’interno della vettura sarebbero poi state ritrovate numerose armi. La donna ha subito diverse fratture al bacino e agli arti inferiori, ma ciò non dovrebbe fortunatamente comprometterne le funzioni.​
Circa trecento agenti hanno manifestato lunedì 7 in tenuta civile in seguito a questo increscioso episodio. Ma questa è solo l’ultima delle sollevazioni da parte delle forze dell’ordine. Il culmine delle proteste ha avuto luogo nel pieno centro di Parigi, precisamente agli Champs-Elysées, nella notte tra il 17 e il 18 ottobre.​
Circa cinquecento poliziotti hanno manifestato il loro diritto a ottenere maggiori tutele, reclamando mezzi blindati e armi più moderne ed efficienti. Rivendicando ciò i funzionari sono anche insorti due giorni dopo contro Jean-Marc Falcone, capo della polizia, il quale è stato invitato alle dimissioni a suon di fischi e insulti. ​
Una situazione rovente insomma, venutasi a consolidare nel corso di tutti questi anni ma soprattutto di un 2016 che non ha risparmiato vittime alla nazione francese, colpita duramente durante le festività del 14 luglio a Nizza. Un mese prima di quella strage, il 13 giugno, una coppia di poliziotti fu uccisa a Magnanville da Larossi Abballa, terrorista dell’Isis. L’indice di rabbia dei poliziotti transalpini ha però raggiunto l’apice solamente il mese scorso, quando quattro agenti sono stati feriti in maniera seria a Viry-Chatillon, comune a trenta chilometri a sud di Parigi dominato da forti tensioni sociali. Era l’8 ottobre e i funzionari di polizia furono vittime di un lancio di bombe molotov da parte di un nutrito gruppo criminale.​ ​
Da allora gli agenti hanno manifestato in diverse città come Marsiglia, Bordeaux e Lione.​
Nei grandi centri francesi come questi il problema della sicurezza persiste da oltre trent’anni. Nella fase di ricostruzione in seguito alla Seconda Guerra Mondiale furono accolti molti cittadini stranieri, i quali si stanziarono dapprima in baracche fatiscenti e successivamente in enormi condomini lasciati liberi dalla classe media, trasferitasi verso il centro. Così tra gli anni ’50 e ’60 si assistette a importanti flussi migratori, soprattutto dai paesi un tempo colonie di Parigi, verso le periferie cittadine. Nel corso degli anni queste periferie, passate alla cronaca con il nome tristemente noto di “banlieue”, divennero il simbolo del degrado nella Francia multietnica.​
Zone periferiche ma centro della criminalità comune, in cui le istituzioni politiche e perfino i media vengono accusati di aver abbandonato l’intenzione di voler risolvere le problematiche sociali esistenti. Tali quartieri-ghetto sono tornati alla ribalta della cronaca, oltre che per i feroci atti criminali, anche per la possibilità di aver incarnato il centro strategico per l’accoglienza di militanti dell’Isis.​
Nelle zone più difficili la polizia è vista come una forza razzista e colma di pregiudizi, contro cui lottare in quanto simbolo della repressione istituzionale.​​
Il presidente Hollande ha promesso ai rappresentanti dei sindacati di polizia investimenti nell’ambito della sicurezza per 250 milioni di euro e nuove armi d’assalto in dotazione agli agenti. Oltre a ciò i sindacati reclamano a gran voce l’inasprimento delle leggi per combattere seriamente il fenomeno della criminalità.​
La piaga delle Banlieue è stata ampiamente trattata da diversi film, tra i quali “L’Odio” è sicuramente il più celebre. Esso si apre con uno dei protagonisti che racconta la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene.” Alla fine viene ricordato come il problema non sia la caduta, ma l’atterraggio.​
Ecco, in Francia è necessario intervenire in maniera decisa nella tutela dell’ordine pubblico e delle forze di polizia, prima che il paese comprenda troppo tardi cosa voglia dire atterrare senza alcuna possibilità di rialzarsi.​
Perché, come si ricorda nel film, l’odio chiama odio; ed è inammissibile che la patria per eccellenza dei sentimenti rivoluzionari scopra come i tutori della legge siano i primi ad essere vittime di tale sentimento. Un odio capace di infestare loro stessi e sfociare in una rabbia verso quello Stato da essi difeso.​​