Furto di gasolio in Libia, rivenduto in Italia ed Europa

di Vanessa Tomassini – 

La procura di Catania, in Sicilia, ha condotto una maxi indagine su un traffico illegale di petrolio che parte dalla Libia. Gli inquirenti hanno scovato una vera e propria organizzazione criminale internazionale che, attraverso la collaborazione delle milizie e diverse navi fantasma, riuscivano a rubare il gasolio libico dalla raffineria di Zawiya, che si trova a circa 40 km ad ovest dalla capitale, Tripoli. Al momento sono state arrestate sei persone due maltesi, due libici e due italiani. Altri 4 cittadini libici, invece, sono ricercati. Tra gli italiani spicca il nome di Marco Porta, l’amministratore delegato della società italiana MaxCom.
Tra le milizie coinvolte ci sarebbero anche alcuni uomini riconducibili al clan di Ahmed al-Dabashi, detto anche “lo zio”, con il quale il governo italiano avrebbe preso accordi per fermare l’immigrazione, secondo un’inchiesta uscita sulla stampa internazionale di qualche mese fa.
Negli atti della procura catenese si legge che “per gli approvvigionamenti di combustibile in Libia figura di rilievo era Fahmi Ben Khalifa, il quale, avvalendosi della protezione garantita da milizie armate sotto il suo controllo e dei legami con alcuni funzionari dell’ente governativo titolare del monopolio sulla produzione, commercializzazione ed esportazione del greggio e di prodotti petroliferi, si procurava il prodotto proveniente dalla raffineria di Zawiya».
Di centrale importanza il ruolo di Mohamed Kashlaf, detto “al-Kasab”, comandante delle guardie poste a controllo della raffineria petrolifera di Al-Zawiya, da dove partivano i traffici della milizia Kasab, affiliata ad al-Dabashi. Tra le altre milizie coinvolte che assicuravano il trasporto con mezzi armati la Libyan Revolutionary Room, guidata da Shabaan Hadiya, la milizia al Farouk, al-Kilani e la milizia Nasr di Ali-Abu-Zriba.
Secondo gli investigatori italiani, la banda operava tra Libia, Italia e Turchia passando per Malta, dove sono presenti diverse “società schermo” italiane. In un solo anno, sarebbero stati rubati circa 80 milioni di chili di gasolio per un valore complessivo di 30 milioni di euro, la Guardia di Finanza non esclude che i proventi dei traffici abbiano finanziato in qualche modo anche gruppi islamisti legati all’Isis.