di Giuseppe Gagliano –
Il vertice del G20 a Johannesburg, in Sudafrica, si è trasformato in un palcoscenico di tensione. Il ministro degli Esteri britannico David Lammy è uscito da una sessione a porte chiuse e ha lanciato un’accusa pesante: Mosca non mostra alcuna volontà di pace in Ucraina. Lo ha affermato dopo aver ascoltato Sergey Lavrov, il capo della diplomazia russa, e il suo giudizio è netto. Lavrov, fedele alla linea del Cremlino, avrebbe ribadito le solite critiche all’occidente, accusandolo di immischiarsi negli affari altrui. Ma non si è limitato alle parole: quando è toccato a Lammy parlare, ha abbandonato la sala. Il britannico ha poi contrattaccato, parlando di “imperialismo zarista” e di una Russia che “non ha imparato nulla” dai fallimenti coloniali del passato.
Il summit, iniziato il 20 febbraio, si è svolto in un momento critico. Pochi giorni prima, il 18 febbraio, Stati Uniti e Russia si sono confrontati in Arabia Saudita sulla guerra in Ucraina, tagliando fuori gli europei e Kiev. Un dialogo che ha irritato molti, soprattutto dopo le parole di Donald Trump, che ha definito il leader ucraino un “dittatore senza elezioni”. A Johannesburg, però, gli USA hanno latitato: Marco Rubio, reduce dai colloqui con Lavrov, ha disertato per dissidi con il Sudafrica, considerato ostile da Washington. Al suo posto c’è stata l’ambasciatrice ad interim Dana Brown, mentre il segretario al Tesoro Scott Bessent ha snobbato il prossimo incontro finanziario del G20. È l’America First che si ritrae dal multilateralismo.
Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha provato a mediare, aprendo il vertice con un invito al “dialogo serio” su conflitti, clima e crisi globali. Ma ha dovuto ammettere la verità: le grandi potenze si sono presentate divise divise. Lavrov intanto si è avvicinato alla Cina. Dopo un bilaterale con Wang Yi, ha celebrato l’asse sino-russo come baluardo contro il “confronto totale”. Wang ha approvato il recente dialogo tra Mosca e Washington e offerto Pechino come mediatore, pronto a favorire una pace che bilanci le “preoccupazioni reciproche”.
Dall’altra parte Regno Unito, Francia, Germania e UE hanno confermato il sostegno a Kiev, ma il clima si è mostrato teso. La cancellazione di una foto di gruppo tra i ministri, senza spiegazioni, è stato un segnale chiaro: il G20 non è più solo un tavolo economico, ma un campo di battaglia diplomatica. La guerra in Ucraina, con le sue ferite aperte, ha dominato l’agenda, mentre le potenze si sono scrutate e sfidate.












