G20. Zelenky detta le 10 condizioni. Lavrov, ‘irrealistiche’

Gli Usa vorrebbero una condanna unanime nei confronti della Russia, ma il ministro russo nota che 'sempre più i paesi convinti del fatto che la guerra in Ucraina sia stata provocata proprio da Washington'.

di Enrico Oliari

Al G20 di Bali è stato oggi un Zelensky-day, con il presidente ucraino che è intervenuto in collegamento da Kiev per dettare la sua road-map per la risoluzione del conflitto, un decalogo che il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha bollato come “irrealistico”. Volodymyr Zelensky non è andato molto per il sottile definendo il vertice indonesiano un “G-19”, cioè non considerando la presenza russa, come pure la garantito che “non vi sarà un Minsk-3, in quanto la Russia non ha rispettato i trattati”. In realtà a non rispettare gli accordi di Minsk è stata proprio l’Ucraina, cosa ribadita in più occasioni dall’Osce, a cominciare dall’articolo 11 della seconda edizione dell’accordo che prevedeva la nascita entro il 2015 delle autonomie del Donbass.
Il presidente ucraino, forte della recente riconquista di Kherson, ha posto così 10 condizioni per la pace, cioè garanzie sulla sicurezza nucleare, su quella energetica e su quella alimentare; poi vi sono il rilascio dei prigionieri e il ripristino attraverso la riattivazione della Carta Onu della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, sottinteso la restituzione delle quattro regioni del Donbass recentemente annesse dalla Russia e della Crimea; quindi vi sono il ritiro delle truppe russe e la cessazione delle ostilità; Zelensky ha chiesto la riaffermazione della giustizia attraverso una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per la riparazione dei danni di guerra; l’ottavo punto riguarda “l’ecocidio” messo in atto dai russi e quindi la tutela ambientale; il presidente Ucraino ha fatto notare che l’Ucraina non partecipa al momento a nessuna alleanza difensiva, trovandosi di fatto tra “il mondo euro-atlantico e l’imperialismo russo”, per cui al nono punto ha chiesto la prevenzione delle escalation fino a quando non sarà garantita la sicurezza dell’Ucraina, con riferimento all’agognata adesione alla Nato; infine vi è la richiesta della “conferma della fine della guerra”.
Le 10 condizioni per la pace di Zelensky hanno coinciso con il continuo delle ostilità tra le due parti, con una pioggia di missili russi caduti su diverse città ucraine tra cui Kiev, Leopoli, Kryvyi Rih, Poltava, Chernihiv, Vinnytsia e sulla regione di Mykolaiv. Due missili sarebbero accidentalmente caduti in territorio polacco (la Polonia è membro Nato) colpendo il villaggio di Przewodów, vicino il confine, uccidendo due civili.
Nella sua replica di Lavrov ha parlato di condizioni “irrealistiche e inadeguate”, ma ha anche rifiutato l’idea di una Russia sul banco degli imputati al tribunale del G20: alla proposta di una risoluzione Usa che vedrebbe “la guerra in corso come la causa principale delle sofferenze economiche e umanitarie del mondo”, il ministro ha risposto che gli americani “hanno tentato di politicizzare con una dichiarazione quanto sta accadendo, cosa che porterebbe a una condanna dei paesi membri del G20 nei confronti della Russia. Tuttavia sono sempre più i paesi convinti del fatto che la guerra in Ucraina sia stata provocata proprio da Washington”.
Lavrov può contare sul fatto che non sono pochi i paesi del G20 a non essere allineati alla linea euro-atlantica, compresa l’Indonesia, e in sempre più guardano alla Cina per una mediazione risolutiva.