Gas: l’Europa rischia di perdere la guerra delle sanzioni

Cina e Russia comprano l'energia che non va in occidente.

di Enrico Oliari

Le sanzioni introdotte all’occidente alla Russia a seguito dell’aggressione all’Ucraina rischiano non solo di trasformarsi in un boomerang, ma anche di non servire a nulla. E’ infatti evidente che, essendo il mondo ampio, chiudendosi un mercato se ne possono aprire altri, e non è un caso che all’Assemblea generale dell’Onu ad astenersi sulla risoluzione di condanna alla Russia sono stati paesi come India, Cina, Pakistan e Iran, paesi interessati ad interagire con il gigante del nord e che insieme contano 3 miliardi di persone.
Il disagio per i russi potrebbe quindi essere solo iniziale, tanto che il rublo continua a guadagnare sull’euro (oggi 0,017) e si moltiplicano i memorandum d’intesa con altri possibili acquirenti di gas e gli accordi di cooperazione, come quello che di recente ha visto Gazprom sottoscrivere investimenti in Iran per 40 miliardi di dollari.
Al di là dei proclami e delle intenzioni, oggi è stato riaperto il North Stream 1, l’infrastruttura che porta il gas dalla Russia alla Germania: chiuso per lavori di manutenzione e con una valvola spedita dal Canada nonostante le urlate sanzioni, il gasdotto ha ripreso a trasportare al momento il 40% del volume normale, poco per colmare i depositi in vista dell’inverno e di una diversificazione negli approvvigionamenti europei ancora fibrillante.
L’iniezione del gas russo ha portato a un calo del 6% rispetto agli inizi di luglio del costo del gas sul mercato di Amsterdam, oggi dato a 145 euro al megawattora, con un calo del 6%, cioè ai livelli di inizio luglio.
Tuttavia a Mosca è chiaro che l’Europa sta puntando a cercare altri fornitori, per cui sta guardando a sud e a est, dal Pakistan alla Cina. In questi giorni il nuovissimo Power of Siberia, lungo 4mila chilometri e che va dalla Siberia alla Cina, sta trasportando ben oltre il quantitativo stabilito nei contratti, un 64% in più che ha portato nelle casse russe nei primi sei mesi dell’anno 1 miliardo e 630 milioni di dollari.
Non solo: la Russia sta esportando in Cina importanti quantitativi di gas liquefatto (Gnl) via nave, dal momento che a causa delle sanzioni altri paesi come il Giappone ne hanno bloccato l’importazione, e già altri 2 miliardi e 140 milioni di dollari sono finiti nelle casse russe, che piaccia o no a Bruxelles.
In India la musica non cambia. Fino allo scorso anno nel paese da 1 miliardo e 400 milioni di persone non arrivava una goccia di petrolio russo, oggi ne arrivano 700mila barili al giorno, ma sono in fase studi per portare il gas russo attraverso specifici gasdotti. Lì già ci si sta apprestando ad individuare una moneta alternativa al dollaro per pagare la merce, viste le sanzioni imposte dall’occidente alla Russia. Una misura che rischierebbe di avere l’effetto di una bomba atomica sull’economia statunitense e di conseguenza su quella europea, ma tant’è che il pasticcio di una guerra iniziata ben prima del 24 febbraio sta fungendo da catalizzatore per la nascita del multipolarismo.