Gasdotto TAPI, tra speranze future e interessi geopolitici

Il recente incontro tra i rappresentanti del governo turkmeno e i talebani sembra aver dato nuove speranze per la realizzazione del progetto del gasdotto TAPI, infrastruttura che all’interno dello scacchiere geopolitico euroasiatico vede scontrarsi gli interessi di attori internazionali (Stati Uniti, Russia, Cina) e regionali.

di Silvia Boltuc

Secondo recenti dichiarazioni del Ministro degli Esteri del Turkmenistan, Rashid Meredov, il 6 febbraio ad Ashgabat ha avuto luogo un incontro fra gli alti rappresentanti del Ministero degli Esteri turkmeno e una delegazione dell’ufficio politico del movimento talebano guidato dal mullah Abdul Ghani Baradar. Il motivo dell’incontro è stato la questione sicurezza in Afghanistan. Il Turkmenistan sembra intenzionato a portare avanti il progetto TAPI, ovvero un gasdotto che attraverserebbe Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India, sviluppato dalla Galkynysh – TAPI Pipeline Company Limited con la partecipazione della Banca di Sviluppo Asiatico (ADB) che vede l’appoggio anche di Washington.

Sono stati proprio gli Stati Uniti recentemente a sostenere che il grado di violenza interna del paese è ancora troppo elevato e ad accusare i talebani di non tagliare i legami con al-Qaeda come concordato. Il rappresentante speciale degli Stati Uniti per la riconciliazione dell’Afghanistan, l’ambasciatore Zalmay Khalilzad, ha visitato ad inizio gennaio Afghanistan, Pakistan, Qatar (in Qatar vi è la sede diplomatica dei talebani) e Turkmenistan, ma il contenuto degli incontri ad oggi non è stato reso noto. La delegazione talebana ha assicurato che il gasdotto TAPI non subirà attacchi, ma al contrario, come dichiara il membro del team di negoziazione Suhail Shaheen, si impegneranno a garantirne la sicurezza.

Il gasdotto prevede una sezione di 700 km nell’area afgana dove attraverserà le città di Herat e Kandahar, portando più di 30 miliardi di metri cubi di gas naturale dal giacimento turkmeno di Galkynysh verso il Pakistan (attraverso le città di Quetta e Multan) e l’India (raggiungerà la città di Fazilka). La lunghezza del tratto turkmeno del gasdotto TAPI, la cui costruzione è stata avviata a dicembre 2015, sarà di 205 chilometri.

La volontà congiunta dei governi turkmeno e afghano di sottolineare la fattibilità del progetto in termini di sicurezza nasce probabilmente dal tentativo di attirare investimenti stranieri in un’opera che fino ad oggi sembrava irrealizzabile. Il 7 gennaio hanno avuto luogo colloqui fra la Banca Mondiale e i funzionari del Ministero delle Finanze e dell’Economia del Turkmenistan per discutere le opzioni per un prestito agevolato a lungo termine. Il 6 gennaio il Viceministro degli Esteri turkmeno Vepa Khadzhiyev ha parlato al telefono con l’inviato speciale della Germania in Afghanistan e Pakistan, Markus Potzel, per discutere degli sforzi previsti per aiutare la rinascita dell’Afghanistan. L’8 gennaio è stato il turno della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo. Il governo turkmeno è da diverso tempo in cerca di sovvenzioni statunitensi per supportare le piccole e medie imprese locali del settore industriale.

Inoltre, il Pakistan, che collabora già con il Turkmenistan nel settore petrolifero e del gas, ha iniziato a sviluppare una strategia per includere Ashgabat nella cooperazione commerciale dei cinque paesi dell’Asia centrale. Islamabad ha comunque manifestato il suo scontento rispetto ad alcuni accordi proposti dal Governo turkmeno secondo cui, in caso di perdite di gas sul territorio afghano, il danno economico sarebbe stato interamente a carico del Pakistan. Sembrerebbe che la mossa talebana di garantire per la sicurezza del gasdotto sia dovuta proprio da pressioni dell’Intelligence pakistana sull’organizzazione terroristica.

Dal giorno della firma dell’accordo sul TAPI si è registrato un’inversione di rotta che vede oggi il gas naturale turkmeno avere un costo doppio del gas naturale liquido (GNL) statunitense, fattore che ha fatto decrescere l’interesse gli investitori nel gasdotto negli ultimi anni.

A questo si aggiungono le tensioni fra l’India ed il Pakistan. La presenza degli indiani su territorio afghano è sempre più consistente e, a seguito del ritiro delle truppe statunitensi,Nuova Delhi si è offerta di fornire assistenza militare al Governo afghano. Il tentativo del Governo indiano di estendere la sua influenza in Afghanistan non è stato gradito dal Pakistan al punto che Islamabad ha richiesto ad Ashgabat di accettare come condizione che l’India debba ricevere gas a un prezzo molto più alto di quello che sostiene il suo paese.

Il Turkmenistan è particolarmente coinvolto nello sviluppo dell’economia afghana come dimostrano le opere inaugurate a metà gennaio: la linea ferroviaria Akina-Andkhoi(un’estensione di 30 km della linea ferroviaria Kerki-Imamnazar-Akina) e la linea di trasmissione elettrica ad alta tensione dalla città di Kerki in Turkmenistan alla città di Shibirgan in Afghanistan (che si inserisce nella rete di trasmissione TAP 500 fra Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan) che porterà la corrente a circa 9 milioni di afghani e successivamente al Pakistan e che entro il 2022 raggiungerà Puli-Khumri e Kabul. A tali opere, si aggiungono futuri progetti in fase di realizzazione, come il percorso in fibra ottica che correrebbe lungo il gasdotto TAPI verso l’India, collegando 21 capoluoghi di provincia afghani e creando l’opportunità per il governo turkmeno di entrare nei sistemi di comunicazione del Pakistan e dell’India e i 33 canali d’acqua, 26 dei quali già ultimati, realizzati in Afghanistan a cui il Turkmenistan ricco di gas ma povero di acqua si è interessato.

Il gasdotto TAPI tra gli interessi di India, Pakistan e dei talebani.
La realizzazione del gasdotto sembra acquisire credibilità, vi sono infatti diversi finanziatori internazionali che in questi giorni si sono recati in loco per discutere concretamente della fattibilità dell’opera. La preoccupazione principale è la stabilità dell’Afghanistan, in particolar modo la credibilità della garanzia di sicurezza espressa dai talebani per il tratto dell’opera che verrà realizzato nei territori sotto il loro controllo dal momento che recentemente il gruppo terroristico di Haqqani ha minacciato di attaccare la linea del gasdotto. È necessario tenere nella giusta considerazione che all’interno dell’organizzazione vi sono diverse correnti, ognuna delle quali risponde ad interessi diversi, per cui gli accordi presi con i talebani potrebbero rivelarsi instabili.

I paesi dell’Asia meridionale hanno un estremo bisogno di energia, per cui India e Pakistan premono affinché l’opera venga realizzata, ma al contempo la loro rivalità politica porta i due paesi a perseguire strategie talvolta in contrasto per accrescere la loro influenza nell’area afghana.

Ad esempio, un motivo di scontro è l’accordo appena siglato fra India ed Afghanistan per la costruzione della diga Shahtoot, un progetto da 236 milioni di dollari che fornirà acqua potabile a 2,2 milioni di residenti nella capitale di Kabul e potenzierà le strutture di irrigazione in tutto il paese. Nuova Delhi ha annunciato l’intenzione di realizzare 150 progetti dal valore di 80 milioni di dollari in Afghanistan, sottolineando che nessun potere esterno ostacolerà l’amicizia fra i due paesi. Islamabad non ha ben accolto l’annuncio dell’opera, poiché la diga permetterà all’Afghanistan di regolare il flusso d’acqua verso il Pakistan.

Anche i talebani non vedono di buon occhio l’estensione dell’area di influenza dell’India, come confermato dagli innumerevoli attacchi che si sono susseguiti negli anni a danno degli investimenti indiani sul territorio. Nonostante ciò, l’India sembra fortemente intenzionata a perseguire una intensa partnership con il paese, ma il governo afghano deve stare attento a non sottovalutare gli interessi a lungo termine di Nuova Delhi.

L’India, a causa delle sanzioni statunitensi contro l’Iran, guarda al Turkmenistan per diversificare i suoi approvvigionamenti energetici. L’Iran invece, fa affidamento sull’India per sfuggire all’isolamento internazionale e come mercato energetico affidabile e guarda all’Afghanistan per interessi commerciali, ma anche per tenere sott’occhio la presenza degli Stati Uniti e della NATO vicino ai suoi confini.

Gli interessi di Ashgabat in Afghanistan.
L’Afghanistan è stato inserito nel progetto TAPI non tanto per la necessità di Kabul di importare gas naturale, ma per la sua posizione strategica di interconnessione regionale. Infatti, grazie al sistema ferroviario che oggi connette l’Afghanistan al Turkmenistan, e che nel prossimo futuro verrà ulteriormente ampliato, il territorio afghano è automaticamente inserito nel complesso di reti ferroviarie che collegano Asia centrale, Iran, Russia, Cina ed Europa, fattore che potrebbe favorire un forte sviluppo economico nel momento in cui sia garantita una certa stabilità interna.

L’Afghanistan si inserisce anche nel corridoio di transito e di trasporto Lapislazzuli (Lapis-Lazuli Transit & Transport Route) che lo collega con il Turkmenistan, l’Azerbaigian, la Georgia e la Turchia. Insieme TAPI e il corridoio Lapislazzuli, entrambi perseguiti su spinta turkmena, connetterebbero in maniera continuativa l’intera Eurasia. Recenti accordi hanno rinnovato gli impegni di partenariato per questo corridoio che ridurrà tempi e spese anche per le spedizioni europee.

Il Turkmenistan in forte recessione ha bisogno di diversificare il suo portfolio clienti. Rendere l’Afghanistan un corridoio di transito sicuro è di importanza vitale per il paese, poiché gli consentirebbe di raggiungere con le sue esportazioni mercati a più lungo raggio. Per Ashgabat gli stati dell’Asia meridionale sono importanti per via del loro enorme fabbisogno energetico. Inoltre, alla luce dei rapporti commerciali del Pakistan con Afghanistan e Uzbekistan, anche il commercio turkmeno guarda con interesse ai porti pakistani di Gwadar, che vede già una forte presenza cinese, e Karachi, tanto che fra i due paesi vi sono contrattazioni in corso. Tali politiche mirano ad una integrazione commerciale fra le 5 repubbliche dell’Asia centrale.

Il Turkmenistan, che possiede la quarta riserva di gas al mondo, ha dominato le forniture di gas alla Cina sin dal 2009 quando venne completata la prima diramazione del gasdotto Asia Centrale-Cina. Pechino rappresenta quasi esclusivamente il suo unico acquirente visto che la Russia ha sospeso le importazioni di gas naturale dal Turkmenistan nel 2016 per poi riacquistarne una modesta quantità nel 2019.

Il 15 gennaio il presidente Gurbanguly Berdimuhamedov ha inaugurato una nuova stazione di compressione del gas presso il giacimento di Malai alla presenza di Li Shuliang, capo della filiale di Ashgabat della China National Petroleum Corporation International, a sottolineare che l’interesse cinese prosegue. Sebbene le importazioni di gas turkmeno della Cina continuino, non è chiaro se il paese centro asiatico stia effettivamente ricevendo denaro per queste esportazioni o se il gas venga scambiato con armi o vada in rimborsi per i miliardi di dollari in prestiti ricevuti da Pechino per sviluppo e costruzione di giacimenti e gasdotti.

In uno scenario in cui la Cina sta aumentando le esportazioni di gas kazako, diminuendo quelle dall’Uzbekistan e dal Turkmenistan, Ashgabat che sta attraversando un forte periodo di recessione ha bisogno di trovare nuovi acquirenti e, con il gasdotto Trans-Caspico (che porterebbe il gas dal Turkmenistan e dall’Azerbaijan attraverso la Georgia e la Turchia fino in Italia) che è ancora un lontano miraggio e la linea D del gasdotto Asia centrale-Cina (l’unico che trasporterebbe solo gas turkmeno) che stenta a vedere la luce, l’unica chance di risollevare le sorti del settore è guardare ai corridoi attraverso l’Afghanistan. La situazione per il Turkmenistan, infatti, rischia di divenire insostenibile a livello economico, perché non solo le forniture ai cinesi sono a rischio in favore del gas kazako e quelle all’Iran sono ufficialmente sospese dal 2017 per delle bollette insolute da parte di Teheran, ma con l’inaugurazione del gasdotto Power of Siberia si è aggiunta anche l’ulteriore concorrenza del gas russo che indebolisce la già scarsa posizione contrattuale di Ashgabat con Pechino.

Conclusioni.
La pandemia da Covid-19 ha diminuito la domanda energetica e rallentato l’economia globale con possibili ripercussioni negative sui prezzi del mercato del gas naturale e del petrolio. Gli investimenti per la realizzazione del gasdotto TAPI, così come quelli dei progetti di interconnessione euroasiatica, potrebbero subire un ulteriore rallentamento a causa della crisi economica generata dalla pandemia.

Considerando la necessità del Turkmenistan di implementare la propria esportazione di gas naturale verso il mercato europeo o asiatico, Ashgabat sembra essere attualmente l’attore maggiormente interessato alla realizzazione del gasdotto TAPI che al contempo vede scontrarsi gli interessi di Russia, Cina e Stati Uniti per il controllo della regione dell’Asia Centrale che detiene una primaria importanza strategica mondiale. In questa ottica anche i talebani, fino all’anno scorso etichettati solamente come un gruppo terroristico da combattere sia in Occidente che in Asia Centrale, divengono un attore geopolitico fondamentale per la realizzazione del TAPI e un interlocutore verso cui il Turkmenistan potrà guardare sempre più con maggiore interesseper la realizzazione del gasdotto e la difesa dei propri interessi economici.

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