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Ancora scontri per la Marcia del Ritorno ieri a Gaza, al confine con Israele, indetta per protestare contro la chiusura completa della Striscia popolata da 1,650 milioni di persone. Da mesi ogni venerdì alcune migliaia di persone si recano nei pressi delle barriere di filo spinato dove da una parte volano slogan e bottiglie molotov e dall’altra proiettili, il tutto sotto il fumo nero dei copertoni incendiati per offuscare il tiro ai cecchini dell’esercito. Anche ieri, come avviene da mesi, vi sono state vittime civili: un bambino di 12 anni, Shadi Abdel Aal, è rimasto ucciso dai proiettili vicino a Jabalia, nel nord di Gaza, mentre due 21enni hanno perso la vita negli incidenti vicino a Khan Younis, nel sud, e ad al-Bureij, nel centro dell’enclave.
Un portavoce dell’esercito israeliano ha riferito che erano 13mila palestinesi che hanno preso parte alle manifestazioni violente di ieri. Alcuni hanno incendiato penumatici, lanciato pietre e bottiglie molotov contro la barriera di demarcazione, per chiedere la revoca del blocco israeliano e il diritto al ritorno dei palestinesi cacciati o scappati dalle loro terre alla creazione di Israele nel 1948.
Agli inizi di settembre Israele ha chiuso nuovamente il punto di passaggio di Erez, unica via di comunicazione verso l’esterno della Striscia, ufficialmente per ricostruire le strutture demolite durante gli scontri. Un portavoce dell’esercito israeliano ha spiegato, senza indicare un termine, che il valico aperto una decina di giorni prima e poi nuovamente chiuso tornerà ad essere fruibile a discrezione delle autorità esclusivamente per motivi umanitari e comunque solo quando saranno terminati i lavori.