Gaza. I bombardamenti israeliani distruggono tutto, anche scuola e lavoro

di C. Alessandro Mauceri

Hamas non si è ancora pronunciato sulla proposta per un cessate-il-fuoco a Gaza, con il leader di Hamas nella Striscia Yahya Sinwar che ha bollato l’iniziativa come “non egiziana, bensì “una trappola in quanto si tratta di una proposta di Israele sotto mentite spoglie”. D’altronde il premier israeliano Benjamin Netanyahu non perde occasione per ribadire, fregandosene delle pressioni internazionali, che l’esercito entrerà comunque a Rafah per colpire i quattro battaglioni di Hamas nascosti nell’oltre milione di profughi fuggiti dai bombardamenti, che da settimane vivono in condizioni miserrime.
Il faccia a faccia di ieri tra il segretario di Stato Usa Antony Blinken e Netanyahu è durato quasi tre ore. Alla fine Israele ha ribadito senza mezzi termini che non accetterà alcun accordo con Hamas che comprenda la fine dei bombardamenti.
Una dichiarazione che per molti equivale a dire che l’obiettivo reale di quanto sta avvenendo nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023 a oggi non è la liberazione degli ostaggi. E nemmeno eliminare il gruppo terroristico Hamas. L’obiettivo è radere al suolo questo pezzo di terra per poi appropriarsene.
A confermarlo sono i dati delle Nazioni Unite: la Striscia di Gaza è ridotta ad un cumulo di macerie, potrebbero essere necessari decine di anni per ricostruire i centri abitati. “Gaza ha assistito a una distruzione quasi completa dell’attività economica in tutti i settori”, ha dichiarato Aya Jaafar, economista dell’Organizzazione internazionale del Lavoro. L’ILO stima che a Gaza siano andati persi più di 200mila posti di lavoro, circa il 90% della forza lavoro rispetto a prima del 7 ottobre. L’agenzia delle Nazioni Unite calcola che le perdite in termini di reddito ammontano a 4,1 milioni di dollari al giorno, pari ad una diminuzione dell’80% del PIL dell’enclave.
Secondo l’ILO circa il 25 per cento delle persone uccise a Gaza, oltre 24mila, erano uomini in età lavorativa. In un contesto nel quale l’occupazione femminile è prossima allo zero, la perdita dei “capifamiglia” significa che molte famiglie “dovranno affrontare difficoltà economiche dopo la fine della guerra”. Tra le conseguenze c’è chi prevede che molti bambini saranno costretti a lavorare invece che studiare. Del resto per loro non ci sono più scuole. Già a novembre, dopo l’inizio dei bombardamenti, il ministero dell’Istruzione palestinese aveva deciso di sospendere l’intero anno scolastico 2023/2024. Secondo i dati di OCHA fino all’ottobre 2023 a Gaza erano più di 625.000 gli alunni e oltre 22.500 gli insegnanti. Da allora, sempre secondo il ministero, almeno 4.327 studenti sono stati uccisi e altri 7.819 feriti. A questi si aggiungono 231 insegnanti e dipendenti scolastici morti e 756 feriti.
Anche le università sono state oggetto di pesanti bombardamenti: secondo l’Euro-Med Human Rights Monitor, che ha sede a Ginevra, Israele avrebbe sistematicamente distrutto gli istituti universitari a Gaza. Sono 94 i professori universitari che si pensa abbiano perso la vita sotto le bombe. Accademici che avevano “studiato e insegnato in una varietà di discipline, e molte delle loro idee sono servite come pietre angolari della ricerca nelle università della Striscia di Gaza”, ha detto un osservatore. Complessivamente dei 563 edifici scolastici di Gaza, almeno 212 sono stati attaccati direttamente dall’esercito israeliano. Di questi 165 si trovavano in aree designate per l’evacuazione proprio dagli israeliani. Sono 62 le scuole colpite nel governatorato meridionale di Khan Younis, 14 nel governatorato della Middle Area, ben 94 nel governatorato di Gaza e 42 nel governatorato di Gaza Nord, dove l’86,2% degli edifici scolastici sono stati colpiti o danneggiati. A diffondere questi dati sono ancora le Nazioni Unite: “Diversi rapporti, immagini e video preoccupanti che mostrano che le scuole vengono utilizzate per operazioni militari dalle ISF, compreso l’uso come centri di detenzione, interrogatori e basi militari”.
Il settore dell’edilizia era uno dei più importanti a Gaza. Ora, secondo l’ILO, l’attività delle imprese che lavoravano in questo settore è crollata di circa il 96%. Anche altri settori produttivi chiave, tra cui l’agricoltura e il settore industriale e dei servizi, sono quasi fermi. Le uniche attività ancora aperte sono alcune farmacie e poche piccole aziende del settore alimentare. Ma anche qui le speranze di sopravvivenza sono al minimo. Prima del conflitto Gaza aveva un fiorente settore agricolo e della pesca sia per l’esportazione che per il consumo locale. Gaza era riuscita a raggiungere “una parziale autosufficienza nella produzione di frutta e verdura”, ha detto AbdelHakim Elwaer della FAO. Ora, dopo mesi di bombardamenti indiscriminati, quasi il 50% dei terreni agricoli è distrutto. E in tutto il nord della regione si stanno diffondendo malnutrizione, fame e carestia.
Secondo le previsioni dell’UNCTAD e della Banca Mondiale, per ricostruire tutto (ammesso che i bombardamenti finiscano) ci vorranno decine d’anni e decine di miliardi di dollari.