di C. Alessandro Mauceri –
Sono diversi i palestinesi detenuti dalle autorità israeliane vittime di gravi violazioni che possono equivalere alla tortura. È quanto emerge dal nuovo rapporto delle Nazioni Unite, secondo cui “L’impressionante numero di uomini, donne, bambini, medici, giornalisti e difensori dei diritti umani detenuti dal 7 ottobre, la maggior parte dei quali senza accusa né processo e detenuti in condizioni deplorevoli, insieme alle denunce di maltrattamenti e torture e alla violazione delle garanzie del giusto processo, solleva serie preoccupazioni riguardo l’arbitrarietà e la natura fondamentalmente punitiva di tali arresti e detenzioni”. E’ quanto dichiarato dal responsabile delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), Volker Türk.
“Le testimonianze raccolte dal mio ufficio e da altre entità indicano una serie di atti spaventosi, come il waterboarding e l’utilizzo di cani sui detenuti, tra gli altri atti, in flagrante violazione del Diritto Internazionale Umanitario”, ha aggiunto.
Il rapporto dell’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani descrive in dettaglio il trattamento del personale medico, dei pazienti e dei residenti in fuga dal conflitto, così come i combattenti catturati dall’enclave, dalla Cisgiordania occupata e da Israele, da quando gli attacchi terroristici guidati da Hamas nel sud di Israele hanno scatenato la guerra. Dai dati sarebbero emerse decine di casi di detenuti palestinesi morti nelle strutture militari e nelle carceri israeliane dove erano stati rinchiusi dopo il 7 ottobre 2023.
Ma il numero reale potrebbe essere molto maggiore. I familiari “non sanno se i detenuti sono vivi o morti”, hanno detto gli autori del rapporto. I prigionieri, per lo più maschi, sono stati portati via dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) “di solito ammanettati e bendati”. “Da allora (i parenti) non hanno più sentito nulla del loro destino o del loro benessere”.
“Molti sono stati presi in custodia mentre si rifugiavano in scuole, ospedali ed edifici residenziali, o ai posti di blocco durante lo sfollamento forzato di un gran numero di palestinesi da nord a sud di Gaza”, si legge nel rapporto. “Nella maggior parte dei casi, uomini e ragazzi adolescenti sono stati arrestati, anche se sono state arrestate anche donne, tra cui una donna di età superiore agli 80 anni e con il morbo di Alzheimer e ragazze senza alcun legame apparente con gruppi armati”.
Il dossier dell’OHCHR si basa sulle interviste con detenuti palestinesi rilasciati, ma anche su analisi condotte dall’ufficio dell’OHCHR nei Territori Palestinesi Occupati. Secondo quanto riferito dal personale medico israeliano, i detenuti feriti di Gaza “sono stati trattenuti in un ospedale da campo allestito nel complesso di Sde Teiman, dove sono stati sempre bendati, le loro braccia e gambe ammanettate ai loro letti, e sono stati nutriti con una cannuccia”. In un’altra prigione nel deserto del Negev, un ex prigioniero ha affermato di essere stato “spesso picchiato di fronte a suo figlio”, anch’egli detenuto. Ma i casi non sono solo questi. Oltre a quelli prelevati da Gaza, “altre migliaia” sono stati detenuti in Cisgiordania e in Israele “e generalmente in segreto”, come osservano gli autori del rapporto.
“I detenuti hanno detto di essere stati tenuti in strutture simili a gabbie, spogliati nudi per periodi prolungati, indossando solo pannolini. Le loro testimonianze raccontavano di essere stati bendati a lungo, di privazione del cibo, del sonno e dell’acqua, di essere stati sottoposti a scosse elettriche e di essere stati bruciati con le sigarette… Alcune donne e uomini hanno anche parlato di violenza sessuale e di genere”.
Secondo il rapporto, Israele non ha fornito informazioni sulla sorte o sul luogo in cui si trovano molti dei detenuti. Anche al Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) è stato negato l’accesso alle strutture in cui si troverebbero i detenuti. Türk ha ribadito che “tutti i palestinesi detenuti arbitrariamente da Israele devono essere rilasciati”.
Secondo il rapporto dell’OHCHR questi maltrattamenti sono “diffusi”, in particolare nelle strutture di detenzione gestite dai militari.