Gaza. Si chiamava Muhammed

di C. Alessandro Mauceri –

Si chiamava Muhammed. Muhammed Bhar era il suo vero nome. Non è un nome di cortesia. Per molti Muhammed è solo un numero. Uno degli oltre 38 mila civili uccisi a Gaza dell’esercito israeliano, indifferente agli ordini e alle sentenze delle Nazioni Unite. Ma Muhammed non è un numero: era un uomo, poco più che un ragazzo, aveva solo 24 anni, affetto da sindrome di Down. La sua vita già difficile per la malattia era stata resa ancora più difficile dai bombardamenti. Viveva a Gaza, in una casa tra le macerie che sono l’eredità lasciata delle decine di migliaia di bombe scagliate dall’esercito israeliano senza pensare chi c’era sotto. Ma Muhammed non è stato colpito da una di queste bombe. Nei giorni scorsi i militari israeliani hanno sfondato la porta della sua casa nel quartiere Shujaiya, nella parte orientale di Gaza Città, presa d’assalto dalle truppe israeliane. Sono entrati senza alcun permesso. Appena dentro, i soldati hanno liberato i cani da combattimento, che hanno attaccato Muhammed e hanno iniziato a morderlo. I soldati israeliani hanno costretto tutti gli altri abitanti della casa, tra cui la madre di Muhammed, Nabila Ahmed Bhar, a lasciare la casa sotto la minaccia delle armi. Per placare le urla della madre rivolte al figlio che non capiva cosa stesse avvenendo, le hanno promesso che avrebbero portato via anche il figlio. Ma non lo hanno fatto.
I militari israeliani sono entrati in casa sfondando la porta. Immediatamente hanno liberato i cani, che si sono avventati su Muhammed. “Il cane gli ha morso il petto, poi ha iniziato a mordergli e a tirargli il braccio. Muhammed urlava e cercava di liberarsi mentre il sangue scorreva”, ha ricordato Bhar. Ma Muhammed “in preda all’orrore urlava ai cani”. Gli altri membri della famiglia sono sati portati in un’altra stanza: “Ho chiesto al soldato: ‘Dov’è Muhammed?’ Mi ha detto: “Muhammed se n’è andato”. Ho chiesto di nuovo: “Andato dove?” Lui rispose: “Se n’è andato”. Non c’è nessun Muhammed”.
Setto giorni dopo, le truppe israeliane si sono ritirare da Shujaiya. Il loro scopo non era conquistare un territorio: era distruggere quanto più era possibile. E uccidere i civili che non volevano lasciare la propria casa.
La famiglia di Muhammed è stata costretta a lasciare la casa e a dirigersi a ovest di Gaza Città. Per sette giorni ha chiesto alla Croce Rossa notizie di Muhammed, ma l’unica risposta che ricevevano era che l’esercito israeliano non stava collaborando. Per questo i familiari di Muhammed sono tornati nell’appartamento distrutto. Qui hanno trovato il corpo di Muhammed ormai in decomposizione, con i vermi che gli mangiavano il viso martoriato dai morsi dei cani che lo avevano sbranato. “Non riesco a smettere di pensare alle sue urla e all’immagine di lui che cerca di liberarsi”, ha detto la madre. La sindrome di Down di Muhammed era grave, ha spiegato. Il suo sviluppo mentale “era al livello di un bambino”. “Muhammed era innocente. Non riusciva a capire… Non riusciva a cogliere nulla. Era come un bambino di un anno. Gli davo da mangiare e gli cambiavo il pannolone”. “Non posso pensare a quello che gli hanno fatto, a come lo hanno lasciato morire in questo modo”, ha detto madre di Muhammed.
A Middle East Eye la madre di Muhammed ha raccontato che i militari israeliani avevano bombardato la zona densamente popolata per due settimane. Molte famiglie erano intrappolate nelle loro case, come quella dei Bhar. Con lei c’erano 16 persone, compresi i due figli, le loro mogli e i loro figli. Non avevano lasciato la casa per non lasciare solo Muhammed, che era pesante e spesso si rifiutava di muoversi. “Prima di questo recente sfollamento, eravamo stati sfollati almeno altre cinque volte e lui non capiva dove stavamo andando”, ha spiegato la madre.
Solo pochi giorni fa la Knesset, il parlamento di Israele, ha votato a grandissima maggioranza una risoluzione che rigetta ogni possibilità di formazione di uno Stato palestinese. Una decisione, quella presa nei giorni scorsi dal primo ministro Benjamin Netanyahu e dalle forze politiche a lui vicine, che contraddice gli accordi di Oslo del 1993, quando i leader palestinesi e quelli israeliani concordarono di fondare uno Stato palestinese indipendente e sovrano che esistesse a fianco di Israele nella cosiddetta “soluzione dei due Stati”.
È ora di smetterla di prenderci in giro. L’attacco del 7 ottobre 2023 non ha niente a che vedere con quello che sta avvenendo nella Striscia di Gaza. È stata solo una scusa per iniziare una strage di massa di civili, donne e bambini che non avevano niente a che vedere con i terroristi responsabili degli attentati del 7 ottobre.
Il 7 ottobre 2023 serve solo ad una cosa: a capire quanti innocenti come Muhammed gli israeliani hanno deliberatamente ucciso violando buona parte degli accordi di Diritto Internazionale Umanitario (le regole della guerra, per i non addetti ai lavori) che i leader mondiali sventolano durante gli incontri internazionali. Secondo i dati del Ministero della Salute di Gaza (riportati dall’UNRWA, dal 7 ottobre 2023 al 15 luglio 2024, sono almeno 38.664 i civili palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza (e altri 89.097 i feriti). Persone come Muhammed. Assassinati con una violenza inaudita e ingiustificata. Almeno 38.664 donne e bambini massacrati anche grazie alla complicità dei governi indifferenti.
Tanti Muhammed la cui morte ricade sulla coscienza di quanti hanno preferito fingere di non vedere.