di Elisabetta Corsi –
Un altro membro del governo britannico che salta, questa volta a dimettersi è il ministro del Lavoro, Amber Rudd. Si era già dimessa dal governo May a seguito dello scandalo Windrush, nel 2018, ma poi era tornata sui suoi passi.
In opposizione al governo per come sta trattando il problema della Brexit, secondo l’ex ministro Boris Johnson non ha instaurato dei veri negoziati con l’Ue per un nuovo accordo, ma si tratta solo di parole. L’ex ministro è già stato sostituito da Therese Coffey.
Nella sua lettera di dimissioni presentata al premier Johnson ha scritto che “mi sono unita al vostro gabinetto in buona fede: accettando che “No Deal” doveva essere sul tavolo, perché era il mezzo che permetteva più facilmente di uscire dall’Ue con un accordo entro il 31 ottobre”. Anche se non credeva che un accordo fosse tra gli obiettivi del governo.
Tra le accuse sicuramente il fatto di aver espulso 21 deputati dal Partito Conservatore, da lei definito un “atto di vandalismo politico”, dopo che i suoi ex colleghi si sono ribellati. Secondo lei, se non è un partito per moderati, allora difficilmente i conservatori riusciranno a vincere in una elezione generale.
In un’intervista alla BBC ha fatto chiaramente capire che c’erano pochissime prove che il governo potesse ottenere un nuovo accordo, dal momento che l’unica proposta pervenutale era un foglio riassuntivo degli sforzi fatti questa settimana, in quanto richiesto dal ministro per avere qualche dettaglio in più sui negoziati in corso. Tra l’alto accusando il premier di non informare i ministri sulle decisioni che voleva prendere, tra cui quella di bloccare il parlamento.
La notizia delle dimissioni è stata da più parti percepita con rammarico, tra gli altri l’ex segretario di stato per gli Affari esteri, Jeremy Hunt, il quale la parlato di “una triste notizia”, ed ha descritto Rudd come uno dei ministri più capaci con cui ha avuto modo di lavorare. Non è dello stesso avviso Dominic Raab, attuale segretario di stato per gli Affari esteri, il quale ha dichiarato quanto sia ben chiaro ai ministri il modo di agire del premier, cioè di supporto di una politica sulla Brexit, di uscita ad ogni costo il 31 ottobre. Una politica che a suo dire hanno accettato tutti all’interno del gabinetto.
Secondo i ministri, il premier vuole comunque rispettare la nuova legge approvata giovedì anche dai Lord: manca solo l’assenso della regina- La nuova legge obbliga il premier a cercare un’estensione della Brexit, sempre che non si arrivi ad un nuovo accordo entro il 14 ottobre.
Allo stesso tempo però Johnson non demorde sulla sua linea,“o si fa la Brexit il 31 ottobre o si muore”. Il premer ha dichiarato che preferisce finire morto in un fosso piuttosto che chiedere una proroga. Il premier continua imperterrito sulle sue idee, perde pezzi da tutte le parti, prima della Rudd, ad andarsene dal partito era stato nientemeno che suo fratello.