Gb. Caos successione Johnson e influenza internazionale ai minimi termini

di Andrea Cantelmo

A seguito delle dimissioni di Boris Johnson, la corsa alla leadership dei Tory si è scatenata in tutta la sua durezza e asprezza. I sondaggi mostrano che la ministra degli Esteri, Liz Truss, è in testa davanti all’ex cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak. Chiunque riuscirà a prevalere potrebbe ottenere una “vittoria di Pirro”. Per più di sei anni il Regno Unito è stato impantanato nella politica della Brexit e la sensazione è che il paese sia più diviso di quanto non fosse prima del referendum proposto dall’allora primo ministro David Cameron. Una delle prime conseguenze dell’uscita dal mercato comune dell’Unione Europea è stata l’alimentazione del sentimento separatista in Scozia, mai del tutto sopito. Ciò rende l’unità della Gran Bretagna un motivo di grande preoccupazione, con cui il prossimo primo ministro dovrà senza dubbio fare i conti.
Ma le sfide che attendono il Regno Unito non sono puramente interne. Quando Johnson ha approvato la Brexit, ha descritto il divorzio tra Regno Unito e Unione Europea come la liberazione del paese dalle sue catene, consentendo così il ritorno allo stato di grande potenza sulla scena mondiale. Eppure la promessa di una “Gran Bretagna globale” non si è avverata. Sotto la guida di Johnson il Regno Unito ha sconvolto le sue più strette partnership. Non ha più un rapporto stabile con i paesi europei. In più gli Stati Uniti, il partner storicamente più importante, guarda in primis all’Unione Europea quando si tratta di cooperare nelle crisi internazionali: proprio l’istituzione che Londra ha deciso di lasciare.
Tuttavia il Regno Unito è riuscito comunque a svolgere un ruolo di primo piano in questo periodo. Infatti il paese ha ospitato la conferenza COP26 sui cambiamenti climatici a Glasgow e il G7 dello scorso anno in Cornovaglia. Ha aiutato a mediare un accordo di sicurezza trilaterale con Australia e Stati Uniti, noto come AUKUS, che potrebbe rimodellare la sicurezza del Pacifico. E infine è stato uno dei paesi leader nell’aiuto militare ed economico all’Ucraina in seguito all’aggressione della Russia.
La Brexit però ha segnato un punto di non ritorno nel ridimensionamento del peso specifico della Gran Bretagna nella scena mondiale, anche a causa di diverse scelte di Johnson che hanno causato numerose polemiche in patria. Una delle più importanti e controverse è stata attuata nel 2020 con la fusione del Department for International Development (Dipartimento dello Sviluppo delle relazioni Internazionali), che era totalmente indipendente, con il Foreign Office, che ha portato alla creazione del “Foreign, Commonwealth & Development Office” gestito direttamente dal ministro degli Esteri. Anche a causa di una politica internazionale, fino alla guerra in Ucraina, quasi remissiva, l’influenza del Paese è svanita in varie regioni del globo. Ad esempio in Medio Oriente il Regno Unito non ha più una solida politica indipendente ed è diventato un attore insignificante nei negoziati sul futuro di Israele e Palestina e sulla risoluzione del conflitto in Yemen. Anche la presenza in Africa si è notevolmente ridotta, nonostante un recente accordo con il Rwanda in merito ai rifugiati politici (fortemente criticato dall’UNHCR).
Johnson ha cercato di rafforzare il ruolo del Regno Unito nell’Indo-Pacifico attraverso un aumento della spesa militare e la ferma condanna delle azioni della Cina nei confronti di Hong Kong. Ma nel complesso, l’attenzione di Johnson sull’Asia ha semplicemente cementato le percezioni internazionali secondo cui la Gran Bretagna segua pedissequamente gli obiettivi politici degli Stati Uniti. Anche il caotico ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan, che non ha lasciato al Regno Unito altra scelta che seguire la fuga dell’alleato, ha favorito questa narrativa.
Nell’area euro-atlantica il Regno Unito ha perso molta influenza. La guerra in Ucraina ha dimostrato che, seppure Boris Johnson sia stato uno dei leader più attenti alle necessità militari ed economiche del paese guidato da Volodymyr Zelensky, gli Usa e l’Ue sono stati i partner più importanti sotto ogni punto di vista. Inoltre la concessione dello status di candidato per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione (mossa più di facciata che di reale contenuto) ha avuto un’eco importante in tutto il globo. Se la Gran Bretagna facesse ancora parte del blocco Ue sarebbe stata sicuramente tra i paesi con maggior peso nelle questioni di indirizzo della politica estera. Dopo la Brexit però i rapporti sono abbastanza freddi con Bruxelles, nonostante l’invito a marzo in una delle riunioni straordinarie del Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea. Insomma, il Regno Unito, a causa del nazionalismo fomentato dai populisti, sembra aver imboccato una strada senza via d’uscita che porta alla costante perdita d’influenza in un mondo sempre più intrecciato in alleanze politiche, economiche e militari.