Gb. Il caso Skripal e la colpa data frettolosamente a Putin

di Dario Rivolta * –

In un racconto de “Il muro” di Jean Paul Sartre un tizio che odia la società tutta esce da casa con una pistola per uccidere il primo passante che incontra. Senza una precisa ragione, senza un movente. Nei libri gialli invece la prima cosa che fa un qualunque investigatore è proprio trovare il movente e cioè di chi, e quale, sia l’interesse dell’assassino a uccidere la sua vittima. Anche nella vita reale, solitamente, ogni volta che succede un fatto criminoso si cerca di scoprire a chi giovi. Solo così si potrà avere la traccia più importante per scoprire il colpevole.
Evidentemente per il governo inglese e per la stampa, compresa quella italiana, questa logica non esiste.
Appena è sembrato che la spia doppiogiochista russa Serghei Skripal e la figlia fossero oggetto di un tentato omicidio qualcuno ha immediatamente deciso che il colpevole “doveva” essere Vladimir Putin. Siamo oramai abituati a sapere che anche il cambiamento climatico, l’eliminazione dell’Italia dal campionato mondiale di calcio, l’elezione di Trump, l’esondazione del Po e il litigio tra i nostri due vicini di casa siano il frutto di una cospirazione russa e non dovrebbe stupirci più di tanto che a tutte queste malefatte si possa aggiungere un tentato assassinio. Piuttosto, potremmo notare che l’efficienza di ciò che fu il glorioso Kgb è molto calata se non è più nemmeno in grado di portare a termine un omicidio come si deve. Skripal potrebbe anche cavarsela e, mentre glielo auguriamo, auspichiamo pure che i maldestri personaggi che non hanno completato il loro lavoro siano puniti o almeno “degradati”.
A parte gli scherzi, che ci suonano comunque amari, aspettiamo tutti con sincero desiderio di conoscere gli esiti dell’inchiesta che la giustizia britannica ha, giustamente, deciso di aprire.
Quando è in corso un’indagine è buon gusto non esprimersi in anticipo sul suo risultato e tale regola dovrebbe valere soprattutto per chi rivesta cariche istituzionali. Anticipare il giudizio da parte di chi rappresenta un’Istituzione può significare solo due cose: o non si ha nessuna fiducia nella capacità di chi indaga, o si vuole indirizzarlo in una precisa direzione anziché lasciarlo libero di cercare i colpevoli ad ampio raggio. Esistono però anche due altre possibilità.
Una la si è vista all’opera nel caso dell’aereo della Malaysia Airlines abbattuto da un missile sopra il cielo ucraino. In quel caso, nonostante le decine di satelliti americani (e non solo) in grado perfino di capire il numero di scarpe che portate, nonostante scatole nere e recupero di tutti i rottami, nonostante ufficialmente si sia dato incarico a tecnici molto specializzati, il risultato finale con le relative dimostrazioni sono ancora attesi a distanza di qualche anno. Naturalmente anche quella volta un florilegio di giornalisti più o meno convinti o più o meno prezzolati si è precipitato a dire subito “con assoluta sicurezza” che l’abbattimento fu opera dei separatisti russi del Donbass. La solerte Unione Europea, senza attendere alcun risultato delle indagini, decise che la Russia aveva fornito il missile criminale e andava punita. Che vennero poi a galla tutte le incongruenze di tale ipotesi, a partire dalla traiettoria e dal probabile punto di partenza, non ebbe, e ancora non “deve” avere nessuna importanza: il colpevole era già stato trovato e l’opinione pubblica occidentale sufficientemente convinta. Fu esattamente la stessa cosa con la storia delle armi di distruzione di massa di Saddam: quella fola (o oggi si dice fake news?) fu sufficiente per giustificare la guerra.
Un’altra possibilità vorremmo proprio poterla escludere: chi indaga sul caso Skripal “non deve” scoprire che i tentati assassini sono molto “britannici” e troppo vicini al potere di Londra.
Se l’inglese Sherlock Holmes conducesse le indagini partendo dai moventi si convincerebbe subito che l’ipotesi “russa” non convince. Skripal svolge la sua attività come spia russa del Kgb col grado di colonnello fino al 1999. Da quella data fino al 2003 lavora a Mosca presso il ministero degli Affari Esteri e, lasciato l’incarico, si dedica al business. Si è saputo che aveva collaborato con i servizi segreti britannici sin dal 1990 e aveva passato allo M16 le informazioni in suo possesso in merito a spie russe che agivano in Europa. Supposto che abbia continuato il suo “doppio servizio” anche mentre stava al ministero, la sua possibilità di accesso a informazioni riservate finisce nel 2003. Forse di queste date si è tenuto conto quando, arrestato nel 2006, invece di essere giustiziato come successo ad altri doppiogiochisti russi, viene condannato a soli 13 anni di carcere. Nel 2010, e quindi dopo soli quattro anni, è scambiato con altre spie russe arrestate in occidente e gli si consente di lasciare il Paese.
E’ ovvio per chiunque che, se a Mosca qualcuno temeva che fosse in possesso di segreti che non aveva già rivelato nei sedici anni di collaborazione con gli inglesi, ben difficilmente gli sarebbe stato concesso di uscire dalla Russia. Se anche la sua partenza fosse stata una scelta obbligata, perché consentirlo anche a sua figlia? E perché attendere ben altri sei anni prima di giustiziarlo?
L’unico movente sensato che resterebbe sarebbe la vendetta per il tradimento o l’avvertimento ad altri tentati di “vendersi” come fece lui. Ora, Holmes non capiva e non s’interessava di politica, ma siamo convinti che anche lui avrebbe considerato che, in una situazione di già alta tensione tra Londra e Mosca, nessuno al Cremlino sarebbe stato così stolto da organizzare in queste circostanze un atto come quello di cui parliamo. Per di più contro un personaggio oramai, indubitabilmente, di scarsissima importanza. E soprattutto prima dei Campionati mondiali di calcio che, è risaputo, Usa e alcuni alleati stanno da qualche tempo cercando in tutti i modi di sabotare.
Per quale motivo e su quali indizi allora la signora May è arrivata a dire che “E’ molto probabile che dietro l’avvelenamento ci sia Mosca”? La risposta sta nell’ultimatum che, con sprezzo del ridicolo, si è permessa di lanciare: “Mosca deve darci spiegazioni entro la mezzanotte se non vuole ritorsioni”. E’ forse proprio Londra che cerca di montare il caso? E la minaccia di disertare il Campionato era forse già stata pensata prima che il tutto accadesse? O qualcuno a Londra (e Washington) non approva che sempre più Paesi europei parlino di finirla con le sanzioni e occorre mettere sul piatto qualche altra cosa?
Sempre che non sia lo stesso M16 a non avere più buoni rapporti con lo Skripal e, temendo un suo possibile triplo gioco, non abbia preferito una “soluzione definitiva” della collaborazione.

Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.