Gb. Johnson di nuovo nella tempesta per i rifugiati spediti in Ruanda

di C. Alessandro Mauceri

Non è ancora cessato il clamore per i party di Boris Johnson in piena pandemia, che una nuova tempesta rischia di abbattersi su Downing street. Il piano della ministra Priti Patel e del premier britannico Johnson, che prevedeva di inviare i richiedenti asilo in Ruanda, è stato bloccato con procedimento di emergenza dall’Alta Corte britannica. La domanda di riesame giurisdizionale sostiene che la politica del ministro dell’Interno potrebbe essere illegale. A presentare ricorso sono stati l’Unione dei servizi pubblici e commerciali (PCS), l’organizzazione benefica Care4Calais e il gruppo di pressione Detention Action, insieme a quattro richiedenti asilo che rischiavano di essere trasferiti dal Regno Unito in Ruanda contro la propria volontà.
Il diritto della ministra e del Regno Unito di effettuare tali rimozioni (analogamente a quanto fatto in passato dalla Danimarca) si basa su una questione spinosa: è vero, come affermano la Patel e Johnson, che il Ruanda è un “paese terzo sicuro”? E di conseguenza che sarebbe possibile spedire queste persone in un altro continente? Ammesso ovviamente che ciò sia conforme con i trattati di diritto internazionale sui diritti umani recepiti dal Regno Unito.
Una questione legale che potrebbe essere solo la prima di una lunga serie. L’organizzazione Freedom From Torture ha annunciato di aver avviato una procedura analoga chiedendo se è possonibile considerare il Ruanda un paese terzo sicuro; se la politica viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo; e se allontanare i richiedenti asilo in Ruanda non vada oltre l’autorità legale di Patel i quanto contraria alla Convenzione sui rifugiati. Lo stesso Johnson sembra aver dimenticato di essere stato proprio lui, non più tardi di un anno fa, a criticare aspramente il Ruanda per il mancato rispetto dei diritti umani.
A questo si aggiunge che, come riportato dal Daily Mail, circa 80 richiedenti asilo, attualmente trattenuti (ma il termine esatto sarebbe “detenuti”) dopo aver ricevuto un avviso trasferimento in Ruanda, hanno presentato altrettanti ricorsi individuali.
La risposta del ministero dell’Interno è apparsa blanda e soprattutto basata su parole devianti. Rispondendo all’azione legale, un portavoce ha dichiarato: “Siamo stati chiari fin dall’inizio che ci aspettavamo sfide legali, tuttavia siamo determinati a realizzare questa nuova partnership”. Definire partnership la deportazione di rifugiati in un paese che solo pochi mesi fa lo stesso Johnson ha definito un luogo dove non sono rispettati i diritti umani appare una deformazione inaccettabile della realtà.
Una realtà che ha visto il Regno Unito (e altri paesi europei) decidere di spedire uomini donne e bambini in Africa non appena il numero degli arrivi ha iniziato a crescere. Fonti governative hanno riferito che esiste una “sana possibilità” che il ricorso abbia successo, causando il rinvio del volo per l’Africa. Per questo, il governo britannico ha già pensato ad alcune contromisure: non potendo detenere a tempo indeterminato le persone che secondo i piani avrebbero dovuto essere inviate in Ruanda, i richiedenti asilo potrebbero essere rilasciati, ma solo dopo essere “contrassegnati”. Una decisione questa che potrebbe violare i principi di Hardial Singh, che fanno riferimento a un precedente legale che pone limiti ai poteri di detenzione degli immigrati del ministero degli Interni.
Ad essere in discussione non sono solo poche decine di casi ma il modo stesso di gestire i rifugiati e perfino le leggi in vigore nel Regno Unito. Leggi come l’Human Rights Act del 1998 promulgata dal Parlamento del Regno Unito (entrata in vigore il 2 ottobre 2000) che recepisce tutti i diritti umani enunciati nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
In attesa di capire se davvero il governo britannico stia o meno violando leggi interne e regolamenti internazionali, pare che l’esecutivo stia già considerando la possibilità di sottoscrivere accordi per spedire i rifugiati anche in altri paesi africani: mercoledì è stato riferito che lo Zambia potrebbe essere il prossimo paese ad accogliere i richiedenti asilo del Regno Unito.