Gb. Johnson perde ai Comuni: i deputati vogliono l’accordo Brexit e niente elezioni

di Elisabetta Corsi

Altra giornata calda a Westminster, dove vi è stata l’approvazione da parte dell’opposizione e dei Tory ribelli, con 327 voti favorevoli e 299 contrari, di un disegno di legge che obbliga il premier ha chiedere una proroga della Brexit in caso non vi sia accordo con l’Ue entro il 31 ottobre. In caso di approvazione alla Camera dei Lord, Boris Johnson ha fatto sapere l’intenzione di convocare nuove elezioni per il 15 di ottobre, una sfida che il premier ha lanciato ai Comuni sia ai laburisti di Corbyn che ai ribelli Tory. In tono sarcastico Boris Johnson ha dichiarato che Corbyn è l’unico leader nella storia del paese che rifiuta un invito ad andare a elezioni e prendendosi gioco dell’avversario, probabilmente, ha aggiunto, sapendo di andare incontro ad una sconfitta. Il premier in sostanza ha accusato il leader dei laburisti di voler impedire al popolo di votare.
Jeremy Corbyn ha chiesto invano al premier, durante il question time, il suo piano negoziale con l’Ue riguardo la Brexit e senza mezzi termini ha dichiarato di non vedere l’ora che questo governo portatore di miseria e austerità finisca definitivamente. In ogni caso il premier necessitava del sostegno di due terzi dei deputati per innescare le elezioni, mozione che però ha ottenuto una decisa bocciatura da parte dei parlamentari ai Comuni. Le elezioni anticipate non sono state approvate con 298 voti a favore contro 56, in pratica il governo non ha raggiunto il quorum previsto di almeno 434 deputati, ed a pesare sono state le astensioni di coloro che non si fidano di Johnson e che si aspettano prima di vedere la proposta di accordo.
Un’eventuale vittoria di Johnson alle elezioni anticipate gli avrebbe infatti consentito di essere autonomo in materia di Brexit.
Va tuttavia detto che il tempo stringe, dal momento che il disegno di legge sul rinvio della Brexit dovrà passare alla Camera dei Lord e da lì di nuovo ai Comuni per una definitiva approvazione, per poi passare alla regina per la firma: già il documento è arrivato alla Camera alta, epr cui si attende a breve il voto.
Il momento più sentito dai parlamentari non ha riguardato il terma Brexit, bensì la richiesta di scuse fatta dal deputato laburista di Slough, Tanmanjeet Singh Dhesi, al premier Boris Johnson per aver paragonato le donne musulmane alla cassetta delle lettere in un articolo di giornale di qualche tempo fa. La reazione è stata unanime con un fragoroso applauso da parte di tutti i deputati presenti ai Comuni. Ma Boris Johnson non ha fatto accenno di scusarsi, nonostante gli sia stato ripetuto più volte intimato di stare attento al modo in cui si esprime, dal momento che le parole hanno un peso.
Il governo ha intanto fatto sapere che anche in caso di No Deal i cittadini dell’Unione Europea potranno rimanere nel Regno Unito per tre anni, se si stabiliranno nel paese entro la fine del 2020, e vi rimarranno fino a dicembre 2023.
Il premier potrebbe non fermarsi qui e ritentare ancora la carta delle elezioni per non perdere la partita. E la faccia.