Georgia. La legge sulla stampa trasforma gli “europeisti” in “filorussi”

di Enrico Oliari

C’era una volta, nel 2008, il vertice Nato di Bucarest, dove venne decisa “l’annessione” di Ucraina e Georgia, in un evidente progetto volto ad accerchiare il “nemico” russo su tutti i fronti. La strategia era quella usata in altre occasioni: pagare la stampa nostrana per creare il “nemico” (Putin), finanziare le opposizioni e i giornali del paese interessato, organizzare un colpo di Stato “morbido” (Maidan), deporre il governo regolarmente e democraticamente eletto (Yanukovich), portare il paese nell’alleanza militare (Nato) e in quella politica (Ue). Costi quello che costi ai contribuenti, perché se c’è il “nemico” c’è la tensione, se c’è la tensione le industrie delle armi (Usa) fanno soldi a palate e si tiene in piedi l’economia.
C’era una volta anche la geografia, che metteva la Georgia in Caucaso e cioè in Asia, ma poi a Bruxelles e a Washington è stato deciso di ridisegnare le mappe, sempre per annettere il paese ai due insiemi e piantarci basi militari. Anche qui costi quel che costi, magari facendo un’altra guerra, perché come in Ucraina c’è il Donbass, in Georgia ci sono l’Abcasia e l’Ossezia del Sud, repubbliche riconosciute dalla Russia ma rivendicate da Tbilisi.
In questi giorni tuttavia il parlamento georgiano, eletto democraticissimamente e secondo i parametri europei (tant’è che la maggioranza è europeista e antirussa) ha fatto un pasticcio, ovvero ha approvato la legge sulle “influenze straniere”, che obbliga i media e le ong che ricevono almeno il 20 per cento dei propri fondi dall’estero a registrarsi come entità che “perseguono gli interessi di una potenza straniera”. Leggi del genere sono presenti in diversi paesi, anche in cosiddetti “democratici”, ma occidente si è subito puntato il dito sui filorussi, come se negli alleati di Bruxelles e Washington le cose andassero meglio, e come se nella democraticissima Ucraina il governo non avesse chiuso la stampa in lingua russa ben prima della guerra.
Fatto sta che a Tbilisi sono scese in strada decine di migliaia di persone per protestare contro una legge che di fatto limita la libertà di stampa, e i manifestanti sono arrivati fino al Parlamento sventolando le bandiere della Georgia e qualcuna dell’Unione Europea. Così la stampa occidentale, anche quella italiana, ha costruito ancora una volta la frottola del popolo e della democrazia calpestati dai tiranni filorssi, commettendo però l’errore di etichettare il partito di maggioranza Sogno Georgiano (90 seggi su 150, 48,22% alle elezioni del 2020), che ha sostenuto e approvato la legge, come “filorusso”.
“Sogno Georgiano”, eletto democraticamente e in maggioranza dal 2012, è infatti una formazione dichiaratamente europeista e antirussa, ed anche il premier Irakli Kobakhidze, che ha voluto la legge, appartiene al medesimo partito.
Così sui media nostrani, cioè occidentali, si è visto di tutto, comprese foto di maxi manifestazioni costruite ad arte con bandiere europee che sventolavano al contrario rispetto a quelle georgiane.
I primi a farne le spese della nuova legge georgiana sui media sono le società editrici straniere, quelle che servono appunto per creare “il nemico”. Difatti già una quindicina di giorni fa Bruxelles aveva minacciato il governo di Tbilisi avvertendo che la legge sulle interferenze straniere avrebbe potuto bloccare il processo di adesione all’Ue, iniziato in dicembre con la connessione dello status di “paese candidato”.
In realtà con questa legge il governo Kobakhidze ha inteso semplicemente sottrarre il paese da 4 milioni di abitanti alle pressioni e alle interferenze esterne. Nell’estremo proposito di far scampare alla Georgia lo scenario ucraino.