di Guido Keller –
Il primo ministro georgiano Irakli Kobakhidze ha parlato di “tentativo di colpo di Stato”, riferendosi al proposito, poi respinto dalla polizia, dei manifestanti filo-europeisti di sfondare le misure di sicurezza e di penetrare nel palazzo presidenziale. Nel corso degli scontri gli agenti sono intervenuti con idranti e gas lacrimogeni, vi sono stati feriti e sono stati eseguiti centinaia di arresti. Kobakhidze ha puntato il dito contro le opposizioni, in particolare contro il Movimento Nazionale Unito (MNU, al potere dal 2004 al 2012), formazione che aveva già minacciato voler mettere fuori legge in base alla relazione della commissione parlamentare incaricata di investigare l’operato di alcuni partiti accusati di essere la longa manus di Bruxelles. L’ex leader del MNU, Levan Khabeishvili, e il consigliere comunale Zviad Kuprava sono stati arrestati con l’accusa di incitamento all’eversione.
Kobakhidze se l’è presa anche con l’ambasciatore dell’Unione Europea a Tbilisi, Pawel Herczynski, da lui accusato di aver fomentato i disordini e le proteste che hanno visti coinvolti decine di migliaia di manifestanti.
La situazione è complessa: denunciando possibili brogli (o ritenendo probabile la sconfitta) i partiti delle opposizioni hanno boicottato le elezioni amministrative del 4 ottobre, vinte da Sogno Georgiano. In pratica gli elettori prima boicottano le elezioni e poi se la prendono con chi le vince.
Per quanto Sogno Georgiano si professi equidistante da Russia e da Unione Europea (leggasi Nato), le opposizioni accusano Kobakhidze di essere filo-Mosca. Forse, visti i precedenti di Kiev dove Cia e Ue hanno sostenuto le opposizioni per arrivare al golpe chiamato Maidan, e dove Zelensky ha messo fuori legge tutti i partiti delle opposizioni, Kobakhidze vuole semplicemente evitare che la il paese centro asiatico faccia la stessa fine dell’Ucraina.












