Germania. Guerra in Ucraina e concorrenza dall’oriente: la Volkswagen verso la chiusura di impianti

di Giuseppe Gagliano

La possibilità che la Volkswagen chiuda alcune delle sue fabbriche in Germania per la prima volta nella sua lunga storia rappresenta un segnale allarmante per l’industria automobilistica europea e per l’economia del continente nel suo complesso. Le dichiarazioni del presidente esecutivo Oliver Blume evidenziano la gravità della situazione, definita come “molto seria”, indicando che le pressioni economiche e geopolitiche stanno mettendo a dura prova uno dei settori più importanti per l’Europa.
Tra le cause principali di questa crisi si annoverano l’aumento dei costi energetici, le difficoltà di approvvigionamento di materie prime e componenti critici, in particolare semiconduttori, e le sfide legate alla transizione verso l’elettrificazione e la mobilità sostenibile.
L’impennata dei prezzi dell’energia, aggravata dal conflitto in Ucraina e dalle sanzioni contro la Russia sta erodendo i margini di profitto delle aziende manifatturiere, rendendo sempre più difficile la produzione in Europa rispetto ad altre regioni del mondo. Inoltre la competizione crescente da parte dei produttori cinesi di veicoli elettrici, sostenuti da politiche governative aggressive e prezzi più bassi, sta minacciando la quota di mercato dei produttori europei, costringendoli a rivedere le loro strategie di produzione e posizionamento.
In questo contesto la chiusura delle fabbriche potrebbe rappresentare un tentativo di ridurre i costi e riorganizzare le operazioni per mantenere la competitività globale, ma avrebbe anche ripercussioni significative sul mercato del lavoro tedesco e sulla stabilità economica della regione.
La chiusura di impianti in Germania non solo segnerebbe un punto di svolta nella storia dell’industria automobilistica europea, ma potrebbe anche innescare una reazione a catena, influenzando negativamente l’indotto e altri settori correlati, aumentando la disoccupazione e riducendo la domanda interna. Gli scenari economici possibili includono una maggiore delocalizzazione della produzione verso paesi con costi operativi più bassi, un’accelerazione delle partnership e fusioni tra aziende per condividere i costi della transizione energetica, e un aumento degli investimenti in automazione e tecnologie avanzate per migliorare l’efficienza produttiva.
Al contempo è probabile che l’Unione Europea intervenga con politiche di sostegno e incentivi per l’industria automobilistica, nel tentativo di preservare un settore chiave per l’economia europea e per la sua transizione verde. Tuttavia, senza una risposta coordinata e misure strutturali per affrontare le sfide a lungo termine, l’industria automobilistica europea rischia di perdere il suo ruolo di leader globale, con profonde implicazioni per l’economia e l’occupazione nel continente. A questo punto è difficile non osservare, non senza ironia, che la Germania farebbe bene a pensare a consolidare al suo economia invece di investire il denaro nella guerra contro la Russia.