Germania. Merkel si riconferma, ma con il partito ridimensionato. Boom dell’estrema destra

di Guido Keller

KARLSRUHE – E’ un tornado quello che con le elezioni di domenica si è abbattuto sulla Germania. Angela Merkel ha vinto con la sua Cdu-Csu, cosa che ci si aspettava, ma il risultato è stato nettamente al di sotto delle aspettative, 33% (-8,5%), ed ora si pone un problema di governabilità.
Malissimo i socialisti (Spd), che perdendo il 5,2% si sono attestati al minimo storico del 20,5%, un dato scoraggiante che ha fatto già affermare a Martin Schulz che “Finisce qui il nostro lavoro comune con la Cdu-Csu”, “resteremo all’opposizione”. “Nelle prossime settimane – ha continuato l’ex presidente del Parlamento europeo – dovremo come Spd riproporci e rinnovarci”.
Ad essere andata bene è stata l’Alternative fuer Deutschland, il partito di estrema destra, populista e xenofobo fondato nel 2013 dall’economista Bernd Lucke, oggi guidato da Alice Weidel e Alexander Gauland. Assente dal Parlamento in quanto alla precedente tornata elettorale non aveva superato lo sbarramento del 5%, Afd ha preso 12,6% (+7,9%) e si pone oggi come terza forza del paese: “Ce l’abbiamo fatta. Siamo entrati in parlamento, e adesso cambieremo il paese”, ha detto a caldo Gauland.
I Liberali (Fdp) di Christian Lindner hanno conquistato il 10,7% (+5,9%), la Linke è al 9,2% (+0,6%) e i Verdi all’8,9% (+0,5%).
Salvo ripensamenti, è così finita l’era della Grosse Koalition e già di parla di “Giamaica”, l’intesa che metterebbe al governo la Cdu-Csu, i Liberali e i Verdi.
Merkel non si è nascosta dietro un dito, quel -8,5% pesa sulla sua leadership, eccome. E lei ha detto che “Io sono la cancelliera federale e sono sempre responsabile di quello che accade”, pur facendo osservare che “Non era affatto scontato che dopo 12 anni la Cdu fosse ancora il primo partito”.
Tuttavia a preoccupare anche Merkel è quel boom dell’Afd, partito di estrema destra che si pone in antitesi rispetto alle politiche da lei portate avanti, a cominciare dall’accoglienza. Afd non è per chi governa un partito da sottovalutare o da limitarsi a bollare come xenofobo: è nato da poco e con già numerose scissioni e divisioni in archivio, l’ultima proprio oggi dell’ex leader Frauke Petry, entrata in Parlamento ma sostenitrice di una linea più moderata e meno estremista: come si diceva, alle elezioni federali del 2013 Afd non era riuscita a superare lo sbarramento del 5%, ma da allora, nonostante le fratture e le scissioni, è stata una continua crescita: alle europee del 2014 ha ottenuto il 7,04% (7 seggi), alle regionali ha preso il 9,7% in Sassonia, il 10,6 in Turingia, il 12,2 nel Brandeburgo, nel Baden-Wuerttemberg il 15,1%, nella Renania-Palatinato il 12,6% e addirittura il 24,2% in Sassonia-Anhalt, il 20,8% nel Meclemburgo-Pomerania Anteriore, il 14,1% a Berlino, il 7,4% nel Nordreno-Vestfalia e il 5,9% nello Schleswig-Holstein.