Gerusalemme. Il ruolo dell’elettorato cristiano evangelico dietro la scelta di Trump

di Vanessa Tomassini – 

In molti continuano a chiedersi quali siano le reali motivazioni che hanno spinto il presidente americano, Donald Trump, a riconoscere Gerusalemme come unica capitale d’Israele. Oltre alle varie motivazioni che sono state date, dallo scorso mercoledì 6 dicembre il quotidiano israeliano Haaretz ha fornito la più plausibile: l’importanza degli elettori cristiani evangelici e i loro leader, come aveva lasciato intendere il professor Edward Luttwak, di recente intervistato da Notizie Geopolitiche.
Per capire questa dinamica, spiega il quotidiano, basta guardare “l’immagine del presidente quando ha fatto l’annuncio ufficiale” alla Casa Bianca. Al momento della firma il tycoon è avvolto dai decori natalizi, con alle spalle il vice presidente, Mike Pence, ma nessuna telecamera lascia fuori dall’obbiettivo luci, ghirlande ed il ricco albero di Natale, addobbato con fiocchi rossi e palline dorate. Non è strano che una scelta così rilevante cada proprio a ridosso del periodo più importante per i cristiani e che la decisione venga presa proprio sotto il vischio come in occasione degli auguri di fine anno? Ebbene no, non è una coincidenza, ma una scelta comunicativa studiata ad hoc, con l’intento di lanciare un messaggio forte e chiaro all’elettorato cristiano, che ha scelto Trump come loro uomo e il presidente non vuole deluderli.
Ma andiamo per ordine, partiamo proprio dall’aspetto temporale. La decisione di Trump oltre ad arrivare a ridosso delle festività cristiane, fa seguito ad una cruciale campagna elettorale del Senato che terminerà in Alabama martedì prossimo, nella quale il repubblicano Roy Moore, che gode dell’appoggio dell’ex consigliere di Trump, sfiderà Steve Bannon, ceo del Network di informazione statunitense, Breitbart News. La mossa di Trump va a conquistare la grossa fetta di elettori religiosi di destra, nonostante gli scandali che vedevano Moore al centro di presunte relazioni amorose con giovanissime ragazze. Inoltre, l’annuncio su Gerusalemme, arriva poco prima della visita di tre giorni di Mike Pence ad Israele, dal 17 al 19 di questo mese, garantendo una copertura mediatica straordinaria che vedrà l’uomo di Trump accolto come un eroe, per la gioia dell’elettorato evangelico, che rappresenta una solida seppur piccola base di appoggio per il presidente Usa.
Va giustamente ricordato che nel 2016 gli elettori evangelici hanno appoggiato Trump più di qualsiasi altro candidato precedente, riservandogli l’81% dei voti, ancor più di quanto non abbiano fatto con l’evangelico George W. Bush. Il desiderio della comunità evangelica di vedere Gerusalemme irrevocabilmente nelle mani israeliane si basa su “convinzioni religiose” piuttosto che su “preoccupazioni politiche concrete”, ciò spiegherebbe perché la paura della reazione violenta, dei palestinesi e del mondo arabo, sia stata ignorata e considerata come irrilevante dall’amministrazione Trump, la quale risulta essere quella più evangelica e più vicina alla destra religiosa, nella storia degli Stati Uniti d’America. Lo stesso Pence partecipa settimanalmente ad una riunione per gli studi biblici e diverse figure ebraiche di alto livello, come Jay Seculow, sostengono legalmente il tycoon nelle sue vicissitudini con la Russia. Johnnie Moore, il leader de facto dei consiglieri evangelici di Trump, ha dichiarato durante un’intervista all’emittente televisiva Cnn, che lo status di Gerusalemme fosse “la massima priorità per la comunità evangelica” e che la mossa di Trump dimostra la volontà di tener fede alle promesse fatte in campagna elettorale. “Il popolo ebraico si è dedicato a Gerusalemme per millenni, ne è stato orgoglioso, lo ha difeso con sangue e tesoro, e oggi ci rallegriamo con loro”, ha commentato il pastore Paula White, mentre sui social e i siti di evangelismo cristiano di estrema destra, come Charisma News, sono stati invasi da commenti di gioia per la Terra Santa capitale. Insomma la pace c’entra ben poco con la scelta americana, è una scelta politica, studiata a tavolino, come le altre azioni fatte dal presidente americano dall’inizio del suo mandato in politica nazionale, come il suo schierarsi contro l’aborto e i diritti civili. Il vero dibattito, in questo caso non è a chi spetta Gerusalemme o meno, se i siti delle tre grandi religioni monoteiste verranno tutelati, se Israele continuerà ad ostacolare l’islamismo o meno, ma se sono stati messi in discussione i trattati internazionali, le risoluzioni Onu e anni di trattative portate avanti per cercare di risolvere il conflitto israeliano – palestinese.