Gerusalemme. Proteste dalla Turchia al Marocco. Ed anche papa Francesco si dice ‘preoccupato’

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La decisione del presidente Usa Donald Trump di portare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, in quanto “Gerusalemme capitale è il riconoscimento della realtà”, continua a provocare le proteste della comunità internazionale, in particolare del mondo arabo e musulmano.
Al termine dell’udienza in aula Paolo VI, papa Francesco (il Vaticano riconosce lo Stato palestinese) ha affermato che “Il mio pensiero va ora a Gerusalemme. Al riguardo, non posso tacere la mia profonda preoccupazione per la situazione che si è creata negli ultimi giorni e, nello stesso tempo, rivolgere un accorato appello affinché sia impegno di tutti rispettare lo status quo della città, in conformità con le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite. Gerusalemme è una città unica, sacra per gli ebrei, i cristiani e i musulmani, che in essa venerano i luoghi santi delle rispettive religioni, ed ha una vocazione speciale alla pace. Prego il Signore che tale identità sia preservata e rafforzata a beneficio della Terra Santa, del Medio Oriente e del mondo intero e che prevalgano saggezza e prudenza, per evitare di aggiungere nuovi elementi di tensione in un panorama mondiale già convulso e segnato da tanti e crudeli conflitti”.
Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, che ieri ha chiamato Vladimir Putin per chiedergli di “muoversi immediatamente per proteggere Gerusalemme e i suoi santuari islamici e cristiani che sono esposti a rischi”, ha rimarcato che “Gerusalemme è la capitale eterna dello Stato di Palestina”, che “Trump ci porta in una guerra senza fine” ed ha invitato i palestinesi a manifestare “in modo pacifico e senza danni così da essere utili alla causa nazionale palestinese”.
Più duro il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, il quale ieri ha parlato di “linea rossa per i musulmani” e ha minacciato la chiusura delle relazioni diplomatiche con Israele, mentre oggi re di Giordania Abdallah e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che comunque sto stati anticipatamente chiamati al telefono da Trump, hanno espresso la loro contrarietà alla decisione dell’amministrazione Usa e lo hanno avvertito di possibili conseguenze pericolose in tutta la regione.
Re Mohammed VI del Marocco, nella sua qualità di presidente del Comitato al-Qods, ha espresso in un messaggio diretto a Trump “la sua profonda preoccupazione personale e la grande inquietudine dei paesi e popoli arabi e musulmani” e, ricordando la caratteristica “unica” che riveste Gerusalemme in quanto città delle tre religioni abramitiche, ha sottolineato “l’impatto negativo” che potrebbe suscitare la decisione del presidente americano sul processo di pace e sulle prospettive di trovare “una soluzione giusta e globale del conflitto tra la Palestina e Israele”.