di C. Alessandro Mauceri –
Ogni anno il 20 giugno in tutto il mondo si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato. Una giornata per ricordare le sofferenze delle persone costrette a fuggire dal proprio paese a causa di guerre e persecuzioni.
Proprio in occasione di questa giornata l’UNHCR, l’ente delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati (e di apolidi) ha pubblicato il nuovo Rapporto Global Trends. Impressionanti i dati: il numero di persone in fuga nel mondo è più che raddoppiato negli ultimi dieci anni. Negli ultimi dodici anni si sono registrati sempre trend crescenti, segno inequivocabile che gli effetti delle guerre sui civili stanno peggiorando. Ad ospitare la maggior parte dei rifugiati non sono né i paesi europei né gli USA: sono i paesi a basso e medio reddito che si fanno carico del 75% dei rifugiati. I paesi meno sviluppati hanno dato asilo al 21% del totale delle persone in fuga dal proprio paese. Tra i paesi che ospitano le popolazioni di rifugiati più numerose ci sono l’Iran (3,8 milioni), la Turchia (3,3 milioni), la Colombia (2,9 milioni), la Germania (2,6 milioni) e il Pakistan (2 milioni).
Il numero di rifugiati e di altre persone bisognose di protezione internazionale è salito a 43,4 milioni, includendo quelli sotto il mandato dell’UNHCR e dell’UNRWA. Per circa tre quarti provenienti da cinque Paesi (Afghanistan, Siria, Venezuela, Ucraina e Sudan). La popolazione di rifugiati più numerosa a livello globale è quella afghana: è afghano un rifugiato su sei.
L’anno scorso l’UNHCR ha risposto a 43 emergenze in 29 paesi. Il più alto numero annuale di emergenze dichiarate degli ultimi dieci anni, quadruplicato nell’arco di soli tre anni.
Critica la situazione in alcuni paesi. Come il Sudan: dall’aprile 2023 sono stati registrati più di 7,1 milioni di nuovi sfollati in questo paese, con altri 1,9 milioni in fuga oltre i confini. Alla fine del 2023 circa 10,8 milioni di sudanesi erano stati costretti a lasciare le proprie abitazioni. Eppure, di questo problema al G7 organizzato dall’Italia non si è parlato. Così come non si è parlato della situazione nella Repubblica Democratica del Congo. O nel Myanmar, dove milioni di persone sono state costrette a fuggire per non morire. Tra le più gravi crisi di rifugiati al mondo c’è la Siria, con 13,8 milioni di persone costrette alla fuga. Nella Striscia di Gaza l’UNHCR stima che sono 1,7 milioni le persone (il 75% della popolazione) sfollate a causa della violenza degli attacchi israeliani.
Dietro a questi numeri si nascondono sempre tragedie umane. Una sofferenza che dovrebbe spingere la comunità internazionale ad agire per fronteggiare le cause degli sfollamenti forzati”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “È giunto il momento che le parti in conflitto rispettino il diritto bellico e il diritto internazionale. Il fatto è che senza una cooperazione migliore e sforzi concertati per affrontare conflitti, violazioni dei diritti umani e crisi climatica, il numero di persone costrette alla fuga continuerà a crescere, portando nuova miseria e costose risposte umanitarie”.
Purtroppo, spesso, i leader occidentali (e molti media) fanno una gran confusione mescolando rifugiati, profughi, profughi ambientali e sfollati. Eppure, esistono differenze radicali. Ad esempio, i rifugiati propriamente detti, quelli che sono costretti a lasciare il proprio paese, sono solo poco più di 31 milioni. Al contrario sono molti di più i “rifugiati interni”. Secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre, si registra un aumento consistente del numero di persone in fuga che abbandonano le proprie case ma rimangono nel proprio Paese: sono oltre 68,3 milioni di persone, con un incremento di quasi il 50% in cinque anni.
In Italia le persone titolari di protezione internazionale alla fine del 2023 erano circa 138mila, i richiedenti asilo 147mila e oltre 161mila i cittadini ucraini titolari di protezione temporanea, mentre si stima siano circa 3mila le persone apolidi.
Nel nostro paese l’UNHCR è impegnata in numerosi progetti ed iniziative volte a favorire l’accesso ai servizi, l’inclusione lavorativa e l’ampliamento dei canali sicuri e regolari per arrivare in Italia (ad esempio, Kiwanis Distretto Italia San Marino collabora con UNHCR a diversi progetti per gli apolidi). Negli ultimi sette anni il programma Welcome. Working for refugee integration ha coinvolto oltre 700 aziende che hanno realizzato oltre 30 mila percorsi di inserimento lavorativo.
Finora meno di dieci comuni italiani (tra i quali Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Bologna e Bari) hanno aderito alla Carta per l’Integrazione proposta da UNHCR, mettendo a disposizione sui propri territori spazi comuni polifunzionali per facilitare l’accesso ai servizi fondamentali a rifugiati e richiedenti asilo.