Yemen. Gli attacchi Houthi nel Mar Rosso nel quadro del conflitto tra Israele e Hamas

di Francesco Frasca * –

La crisi del Mar Rosso fa parte di un più ampio conflitto regionale che vede contrapposti gruppi sostenuti dall’Iran (come gli Houthi) e coalizioni guidate dagli Stati Uniti che cercano di proteggere le vie d’acqua. I Fattori chiave che hanno contribuito alla crisi sono gli attacchi Houthi nel Mar Rosso possono riferirsi al conflitto tra Israele e Hamas, che ha avuto un impatto significativo sul commercio mondiale nel Mar Rosso. La situazione è piuttosto complessa e preoccupante.

Le tensioni nel Mar Rosso si sono intensificate a causa dei ricorrenti attacchi degli Houthi alle navi legate a Israele, agli Stati Uniti e al Regno Unito vicino allo stretto strategico di Bab el-Mandeb. Il gruppo, che controlla gran parte dello Yemen ma non è riconosciuto a livello internazionale, afferma che gli attacchi hanno lo scopo di fare pressione su Israele affinché ponesse fine alla sua guerra mortale contro la Striscia di Gaza (1).
Gli Houthi sono un movimento politico e militare originario dello Yemen settentrionale, che prende il nome dal suo fondatore, Hussein Badreddin al-Houthi, un religioso sciita zaidita che iniziò la sua attività negli anni ’90, come risposta all’influenza crescente del wahhabismo, una corrente sunnita radicale sostenuta dall’Arabia Saudita.
La setta Zaidi dell’Islam sciita, a cui appartengono, è diversa dalla maggior parte degli sciiti del mondo (che sono per lo più duodecimani). Gli Zaiditi costituiscono una parte significativa della popolazione nel nord dello Yemen.
L’ideologia degli Houthi è radicata nell’opposizione all’influenza straniera nello Yemen, in particolare quella degli Stati Uniti, di Israele e dell’Arabia Saudita. Con il tempo, il movimento ha adottato un discorso politico anti-americano e anti-israeliano, con lo slogan: “Dio è grande, morte all’America, morte a Israele, maledizione sugli ebrei, vittoria all’Islam”. Ufficialmente conosciuti come Ansar Allah (“Seguaci di Dio”) essi hanno giocato un ruolo centrale nel conflitto in Yemen, che ha avuto significative ripercussioni regionali e internazionali.
Nel corso degli anni 2000, il movimento Houthi ha guadagnato forza, soprattutto durante le sei guerre di Saada (2004-2010), una serie di conflitti tra il governo yemenita e i ribelli. La situazione è drasticamente peggiorata nel 2014, quando gli Houthi hanno preso il controllo della capitale yemenita, Sanaa, rovesciando il governo del presidente Abdrabbuh Mansur Hadi, che era internazionalmente riconosciuto. Ciò ha causato una guerra civile, che ha visto l’intervento di una coalizione guidata dall’Arabia Saudita nel marzo 2015, con l’obiettivo di restaurare il governo di Hadi. Gli Houthi ricevono supporto materiale, finanziario e addestramento dall’Iran, sebbene l’Iran neghi apertamente un coinvolgimento diretto.
Questo supporto è fondamentale per le capacità missilistiche e di droni degli Houthi. Grazie a questo sostegno sono riusciti a mantenere il controllo su ampie aree del paese, e attualmente si concentrano sul mantenimento del controllo su aree strategiche nello Yemen, in particolare nelle province di Sana’a, Sa’dah, e al-Hudaydah, utilizzando trincee, tunnel e fortificazioni per difendere le loro posizioni, nonostante i bombardamenti e l’embargo imposti dalla coalizione saudita.
Gli Houthi hanno dimostrato la capacità di condurre operazioni militari coordinate con altre forze, comprese le unità militari fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh (fino alla sua morte nel 2017), utilizzando ampiamente i media tradizionali e i social media per promuovere la loro causa, diffondere disinformazione e influenzare l’opinione pubblica sia a livello locale che internazionale, e hanno anche tentato di condurre cyberattacchi contro infrastrutture critiche, sebbene con successi limitati.
La loro strategia cerca di interrompere le rotte commerciali e di approvvigionamento, in particolare lungo la costa del Mar Rosso, per indebolire economicamente il governo yemenita e i suoi alleati, con il posizionamento di mine terrestri e ordigni esplosivi improvvisati (IED) lungo strade principali e intorno a città per rallentare l’avanzata delle forze nemiche e provocare perdite.
Uno degli aspetti più significativi del loro coinvolgimento nel conflitto regionale è stato il loro utilizzo dello stretto di Bab el-Mandeb come teatro di guerra, con l’attacco di navi mercantili li e militari appartenenti alla coalizione saudita e ai suoi alleati, minacciando una delle rotte marittime più cruciali del mondo (2).
Gli Houthi spesso mirano a colpire obiettivi ad alto valore e simbolici, come aeroporti, impianti petroliferi e centri di comando, per massimizzare l’impatto psicologico e mediatico degli attacchi.
Queste strategie combinano tattiche convenzionali e non convenzionali, sfruttando la debolezza e la frammentazione del governo yemenita e della coalizione guidata dai sauditi, e cercando di mantenere la loro rilevanza politica e militare nello Yemen. Il conflitto yemenita ha rapidamente assunto una dimensione regionale, con gli Houthi che rappresentano un punto di attrito tra l’Iran (che li sostiene) e l’Arabia Saudita (che li combatte).
Lo sviluppo di una strategia militare complessa e diversificata nel corso del conflitto yemenita, include tattiche sia convenzionali che di guerriglia per sfruttare la loro conoscenza del territorio montuoso dello Yemen, conducendo imboscate contro le forze governative yemenite e la coalizione guidata dall’Arabia Saudita. Essi hanno lanciato numerosi attacchi contro obiettivi sauditi, inclusi missili balistici e droni contro infrastrutture civili e militari (3).
Attacchi con missili balistici hanno preso di mira infrastrutture civili e militari delle città saudite (2017-2021) Jeddah e Mecca, incluso l’aeroporto internazionale King Khalid di Riyadh e strutture della difesa aerea saudita. In particolare, l’azione contro una raffineria di petrolio a Jeddah (23 novembre 2020), sulla costa occidentale dell’Arabia Saudita, con un missile, ha provocato un incendio nella raffineria, evidenziando la vulnerabilità delle infrastrutture petrolifere saudite nonostante le difese avanzate.
Gli attacchi hanno dimostrato la capacità degli Houthi di colpire obiettivi a lunga distanza, alimentando le tensioni tra Iran e Arabia Saudita. Degli obiettivi colpiti citiamo il campo militare di Al Anad (10 gennaio 2019), nel sud dello Yemen, con un drone carico di esplosivi contro una parata militare, ha ucciso almeno sei soldati yemeniti e ha ferito numerosi altri, compresi alti ufficiali militari, dimostrando l’efficacia dei droni Houthi anche contro obiettivi militari ben difesi.
Un altro obiettivo è stato l’Aeroporto Internazionale di Abha (12 giugno 2019), colpito da un missile da crociera, che ha ferito 26 persone e ha danneggiato l’aeroporto, causando interruzioni ai voli civili. Questo è stato uno dei primi attacchi contro un’infrastruttura civile di questo tipo. Cià ha causato un aumento delle tensioni nella regione, portando a una maggiore pressione sulla coalizione saudita per intensificare le operazioni militari contro gli Houthi.
Non meno importante è stato quello contro le strutture petrolifere di Aramco a Abqaiq e Khurais, (14 settembre 2019), cruciali per la produzione di petrolio saudita, che è stato uno dei più devastanti. Sebbene l’Iran sia stato accusato di averlo orchestrato, gli Houthi hanno rivendicato l’uso di droni e missili per l’azione, che ha causato ingenti danni alle infrastrutture petrolifere, riducendo temporaneamente la produzione di petrolio dell’Arabia Saudita di circa il 50%, con un conseguente impatto globale sui prezzi del petrolio, Tutto ciò sollevato questioni sulla sicurezza energetica e sulla capacità difensiva della regione (4).
Gli Houthi hanno sfruttato i droni per compiere attacchi a distanza contro obiettivi strategici, rendendo difficile per le forze della coalizione a guida saudita difendersi efficacemente. Essi hanno iniziato a impiegare droni (aerei senza pilota, o UAV – Unmanned Aerial Vehicles) con maggiore frequenza a partire dal 2016. Si ritiene che questi droni siano stati forniti dall’Iran, il principale sostenitore del movimento Houthi, o che siano stati sviluppati localmente utilizzando tecnologia e componenti forniti dall’Iran.
I droni impiegati possono essere suddivisi in diverse categorie, a seconda delle loro capacità e finalità. I droni kamikaze (o loitering munitions) Qasef-1/Qasef-2K che esplodono all’impatto con il loro obiettivo. Il Qasef-1 è stato uno dei primi droni utilizzati dagli Houthi e ha un raggio di circa 150 km. Il Qasef-2K è una versione aggiornata con una testata esplosiva più letale. I droni da ricognizione che gli Houthi utilizzano per scopi la sorveglianza, per raccogliere informazioni sui movimenti delle truppe e sugli obiettivi da attaccare. Questi droni forniscono immagini in tempo reale, permettendo agli Houthi di pianificare meglio i loro attacchi.
I droni a lungo raggio Samad-3, che possono volare per oltre 1.500 km, sono stati utilizzati per attacchi contro obiettivi situati lontano dal fronte, come aeroporti e raffinerie di petrolio in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti. I droni utilizzati dai ribelli Houthi nello Yemen sono diventati una componente significativa del conflitto nella regione, evidenziando l’evoluzione delle tecniche di guerra asimmetrica, che hanno avuto un impatto considerevole, soprattutto contro infrastrutture militari e civili, comprese basi aeree e impianti petroliferi sauditi. Questi attacchi sono stati talvolta coordinati con missili balistici a corto raggio che hanno lanciato contro obiettivi militari e infrastrutture civili in Yemen e nei paesi vicini, come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, spesso causando danni significativi e aumentando la pressione sulle forze della coalizione guidata dall’Arabia Saudita (5).
Numerose azioni con droni contro navi militari e mercantili nello stretto di Bab el-Mandeb e nel Mar Rosso, mettendo a rischio la sicurezza della navigazione marittima nella regione.
Tra quelle più significative citiamo quella suicida contro la nave da guerra statunitense USS Cole (2000) che, anche se avvenuta nel porto di Aden, vicino allo stretto di Bab el-Mandeb, fu rivendicata da Al-Qaeda. Viene ritenuta importante perché ha mostrato la vulnerabilità delle navi militari e commerciali nella regione.
Rilevante è stato anche l’attacco contro la nave militare statunitense USS Mason (2016), che fu bersaglio di missili lanciati dai ribelli Houthi mentre attraversava lo stretto. Sebbene nessuno dei missili abbia colpito la nave, l’incidente ha evidenziato i rischi per le navi che transitano nella regione. A questo è seguito quello contro la nave saudita Al Madinah (30 gennaio 2017), una fregata saudita che fu attaccata da una piccola imbarcazione carica di esplosivi, apparentemente operata da ribelli Houthi, mentre pattugliava il Mar Rosso vicino allo stretto di Bab el-Mandeb. L’attacco ha causato la morte di due marinai sauditi e ha sollevato preoccupazioni per la sicurezza delle rotte marittime internazionali nella regione. L’azione contro la petroliera giapponese Kokuka Courageous (2019), anche se avvenuta nel Golfo di Oman, e attribuita all’Iran, ha avuto ripercussioni sulla sicurezza delle rotte marittime che attraversano lo stretto di Bab el-Mandeb, aumentando le tensioni nella regione e portando a un’intensificazione delle pattuglie navali.
Ciò dimostra come gli Houthi abbiano utilizzato missili, droni e altre armi sofisticate per proiettare il loro potere oltre i confini dello Yemen, influenzando direttamente la sicurezza e la stabilità della regione del Golfo. L’uso di droni da parte degli Houthi ha sollevato preoccupazioni significative a livello internazionale, poiché dimostra come gruppi ribelli e attori non statali possano accedere a tecnologie avanzate per condurre operazioni militari sofisticate. Questa situazione hanno spinto l’Arabia Saudita e i suoi alleati a migliorare le loro difese aeree e a intensificare le operazioni contro i siti di lancio di droni nello Yemen.
La comunità internazionale ha condannato l’uso di droni contro obiettivi civili e ha cercato di limitare il flusso di tecnologia militare agli Houthi, ma il conflitto continua a essere un teatro di scontri tecnologici e asimmetrici. Questi attacchi hanno portato diverse compagnie di navigazione a dirottare le loro navi dal Canale di Suez, dove passava prima della crisi il 12% del commercio globale, al Capo di Buona Speranza, molto più lungo (6).

Note:
1 – https://english.ahram.org.eg/News/537603.aspx
2 – https://apnews.com/hub/israel-hamas-war
3 – https://apnews.com/hub/israel-hamas-war
4 – https://english.ahram.org.eg/News/526480.aspx
5 – https://english.ahram.org.eg/News/526480.aspx
6 – https://english.ahram.org.eg/News/537603.aspx

* Già docente di storia sociale alla Facoltà di scienze politiche presso La Sapienza – Università La Sapienza di Roma, e auditore all’Institut des hautes études de défense nationale (IHEDN), 85e cycle Intelligence économique – Stratégied’influence/lobbing, attualmente è managing partner di Global Intelligence International for Geoeconomics and Competitive Intelligence Studies, iscritto nel Transparency Register EU database for interest representatives.