Gli europei che esportano in Africa carburante inquinante proibito a casa loro

di C. Alessandro Mauceri –

A settembre l’associazione svizzera Public Eye ha pubblicato un rapporto da titolo “Dirty Diesel” che riportava l’abitudine di alcuni imprenditori svizzeri del settore petrolchimico che avrebbero venduto carburanti ad alto tenore di zolfo, proibiti in Europa, in paesi africani approfittando degli insufficienti standard locali per produrre, fornire e vendere. Pratiche illegittime che hanno contribuito non poco all’aumento dell’inquinamento dell’aria nel continente africano anche a causa della crescita dei trasporti su gomma.
Il rapporto, frutto di tre anni di ricerche, denunciava il giro d’affari di imprese svizzere che hanno approfittato dei deboli standard africani. Le analisi condotte sui campioni prelevati nei distributori di benzina di otto Paesi hanno confermato che non si trattava di accuse infondate: i carburanti analizzati contenevano fino a 378 volte i livelli di zolfo autorizzati in Europa. Erano presenti anche altre sostanze altamente nocive, come benzene e idrocarburi policiclici aromatici, a livelli egualmente proibiti dalle norme europee. Combustibili principalmente prodotti nella regione ARA (Amsterdam-Rotterdam-Antwerpen) e maledettamente inquinanti e nocivi per la salute definiti “la qualità africana”.
La cosa curiosa è che diversi paesi dell’Africa occidentale esportano verso l’Europa petrolio greggio di ottima qualità ricevendo in cambio del carburante tossico. Eppure, secondo un recente studio dell’OMS, in Africa l’aumento di inquinamento dell’aria nelle zone altamente trafficate è tra i maggiori a livello mondiale. Le conseguenze sono facilmente prevedibili: secondo le stime del Consiglio Internazionale per un Traffico Pulito (ICCT) il numero di morti causate da inquinamento legato al traffico stradale entro la fine del 2030, in Africa aumenterà tre volte più velocemente che in Europa, Stati Uniti e Giappone messi insieme.
La reazione al rapporto diffuso da Public Eye non si è fatta attendere: Ghana, Nigeria, Benin, Togo e Costa d ‘Avorio hanno firmato un accordo che prevede di non acquistare più questo “diesel tossico”. Si tratta di paesi che da tempo hanno avviato un lento ma costante cammino verso l’utilizzo di fonti energetiche più pulite: in Ghana, ad esempio, il governo è riuscito a ridurre di sessanta volte la quantità di zolfo autorizzata nel carburante diesel. Durante un incontro organizzato a novembre dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, la National Petroleum Authority si è impegnata a passare da 3000 a 50 parti per milione (ppm) di zolfo, un livello ancora elevato rispetto a quello indicato dalle norme europee (che è 10 ppm), ma comunque ben distante dai 3000 attuali. Il nuovo standard entrerà in vigore da marzo 2017 e verrà applicato anche alle importazioni. Per produrre o utilizzare carburanti di qualità migliore, però, saranno necessari notevoli investimenti. E ad oggi non è chiaro dove il governo potrà reperire le risorse necessarie.
La decisione del Ghana è stato comunque un valido esempio per altri governi dell’Africa occidentale, che a dicembre si sono riuniti ad Abuja, in Nigeria, per affrontare la questione.
Una decisione che ha avuto effetti positivi anche sull’altro fronte, quello dei produttori: nei Paesi Bassi sono in corso trattative politiche per trovare una soluzione al problema e (forse) porre fine alla complicità di Amsterdam in questo giro d’affari che causa milioni di morti.