Gli Usa e la sfida cinese. Intervista a Andrea Gilli

a cura di Francesco Cirillo –

Se su diversi temi il presidente Usa Usa Joe Biden ha invertito o sta invertendo la rotta rispetto al predecessore Donald Trump, si veda ad esempio il dialogo per riattivare il Jpcoa, restano inalterate le preoccupazioni della Casa Bianca nei confronti della Cina e del suo espansionismo economico e militare. Per comprendere meglio cosa bolle in pentola, ne parliamo con Andrea Gilli, Senior Researcher in Military Affairs al NATO Defense College di Roma (1).

– Dopo la presidenza Trump qual è lo stato delle relazioni sino-statunitensi?
Stati Uniti e Cina sono in competizione da almeno due decenni. Bush II iniziò il pivot asiatico, Obama lo reiterò con l‘aggiunta dell’Air-Sea Battle, un concetto operativo che mirava a obbligare la Cina a sviluppare capacità più difensive. Trump non ha mai fatto mistero della sua attenzione verso la Cina, e difatti la sua National Security Strategy del 2017 evidenziò il ritorno alla competizione tra grandi potenze. Il dato interessante è che se c‘è un‘area di continuità tra Trump e Biden, questa è la Cina. Le relazioni tra le due potenze sono dunque destinate a restare competitive, anche per via dell’ascesa cinese“.

– Lo scontro tra Cina e Stati Uniti era inizialmente economico, oggi si è trasferito sul campo della tecnologia. Qual è la situazione attuale, soprattutto dopo il test del nuovo vettore Ipersonico?
Gli Stati Uniti continuano ad avere la superiorità tecnologica ma la Cina la mette in discussione in tre modi: grazie alla crescita quantitativa del suo arsenale, grazie a notevoli passi avanti qualitativi, e grazie a notevoli passi avanti contro i sistemi: dalle attività spaziali a cyber. A inizio novembre il Pentagono ha presentato il suo rapporto annuale sugli sviluppi militari della Repubblica Popolare Cinese e questi tre aspetti vengono evidenziati con grande chiarezza. Le forze armate cinesi sono sempre più grandi: oramai la Cina ha la prima flotta per numero di navi al mondo. Qualitativamente la Cina ha fatto enormi passi avanti: non è ancora al livello degli Stati Uniti, ma certo è in grado di sviluppare sistemi d’arma avanzati. Infine la Cina ha investito molto su tecnologie e piattaforme che possono servire a negare domini agli Stati Uniti, dallo spazio al cyber, dai missili anti-nave alle batterie anti-aeree“.

– Intelligenza artificiale, semiconduttori e terre rare sono settori dove Washington e Pechino si stanno muovendo per ottenere l’egemonia. Chi è in vantaggio in questi settori?
L’intelligenza artificiale è un campo molto ampio. Definire chi è avanti non solo e difficile ma può significare poco. L’aspetto centrale sarà la capacità di cambiare procedure e concetti per integrare l‘IA all’interno delle forze armate: entrambi i paesi stanno sperimentando in questo ambito. Di sicuro, Stati Uniti e Cina, possono contare su una base “industriale” estremamente avanzata: Google, Facebook, Microsoft, Amazon ed Apple da una parte, e Baidu, Alibaba, Tencent, Huawei e Xiaomi. Nel campo dei semiconduttori, lo sappiamo, la Cina è indietro. E ciò illustra la criticità di Taiwan, che invece è il principale produttore (non disegnatore) di microchip al mondo. Nel campo delle terre rare la Cina conta invece le più grandi risorse del pianeta“.

– Nel campo politico-militare la Cina è ancora dietro agli USA, nonostante il rapporto del Pentagono indichi che possa raggiungere le mille testate per il 2030. Ehe ne pensa?
Si, come dicevo prima la Cina sta facendo molti passi sia quantitativi che qualitativi. Ne deriva anche un cambio della sua postura nucleare e, potenzialmente, anche della sua dottrina. Di sicuro la Cina mira ad essere un attore di primo piano nel futuro prossimo. Un conto è avere a che fare con una grande potenza che ha un arsenale nucleare limitato, tenuto a basso livello di allerta e utilizzabile solo dopo un attacco nucleare (la dottrina del “no first use”). Un’altra cosa è invece una grande potenza che ha un arsenale comparabile a quello di Russia e Stati Uniti, che tiene le sue armi nucleari ad un più alto livello di allerta e, potenzialmente, rivede la sua dottrina di uso“.

– Più in generale, come vedono gli Usa la sfida dell’ascesa di Pechino?
C’è un consenso abbastanza ampio negli Stati Uniti per cui la Cina rappresenta la principale sfida per i prossimi decenni. Ciò che è successo ad Hong Kong, la gestione della pandemia, le conseguenze della Belt and Road Initiative, le tensioni su Taiwan, tra gli altri, non hanno fatto altro che accelerare questo consenso. Ovviamente c’è un‘altra parte della medaglia. L’emergenza climatica è anche una delle più grandi sfide per il futuro. Senza la cooperazione cinese sarà impossibile affrontarla. La domanda centrale riguarda dunque l’intersezione tra queste due curve: quando bisognerà scegliere tra Cina e sfida climatica, a quale delle due verrà data priorità“.

Note.
1 – Le opinioni espresse rappresentano quelle dell’intervistato e non riflettono le posizioni ufficiali della NATO, del NATO Defense College o di altre organizzazioni con cui l’intervistato è o è stato associato.
Francesco Cirillo