Gli Usa inaugurano la loro ambasciata a Gerusalemme. Proteste dei palestinesi, decine di morti

di Guido Keller

Con la cerimonia della scopertura di una targa, alla quale erano presenti il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente di Israele Reuven Rivlin, il vice segretario di Stato Usa John Sullivan, Ivanka Trump, Jared Kushner, il segretario al tesoro David Mnuchin e l’ambasciatore Usa David Friedman, ebreo ortodosso che fin dalla sua nomina aveva annunciato di volersi stabilire a Gerusalemme e non a Tel Aviv, è stata inaugurata l’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme.
Una scelta che di fatto riconosce Gerusalemme capitale di Israele, quella di Donald Trump, al quale è bastato non rinnovare la clausola al ”Jerusalem Embassy Act” del 1995 alla scadenza dei sei mesi, a differenza di quanto avevano fatto i suoi predecessori per “interessi relativi alla sicurezza nazionale”. A scoprire la targa sono stati Ivanka Trump e David Mnuchin, il quale ha dato il via “ufficialmente e per la prima volta alla missione diplomatica americana a Gerusalemme, capitale di Israele”.
Si è così aperto il vaso di Pandora, ma il presidente Usa sa di poter contare sul tacito consenso delle monarchie del Golfo, in primis dell’Arabia Saudita, nonostante nel mondo islamico la cosa sia interpretata dall’opinione pubblica come un affronto, al punto che sono già 59 i morti della giornata di oggi e 2.800 i feriti tra i palestinesi in protesta alla barriera del confine di gaza.
Manifestazioni e agitazioni dei palestinesi un po’ ovunque, da Betlemme a Ramallah, dalla Cisgiordania a Hebron a Nablus e Gerico, ma anche tra i profughi del Libano, espropriati dalle loro terre per permettere la nascita di Israele, avvenuta giusto 70 anni fa.. Star Fouad Othman, rappresentante palestinese del Democratic Front, ha detto alla folla che . “Il trasferimento dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme è una dichiarazione di guerra contro il popolo palestinese”.
“Che giornata fantastica! Grazie Trump”, ha twittato il premier israeliano Benjamin Netanyahu rispondendo al videomessaggio inviato dal presidente Usa in cui affermava che “questa è la nostra più grande speranza è per la pace” e che “Stati Uniti mantengono il loro impegno per facilitare un accordo di pace duraturo”.
Alla cerimonia erano presenti gli ambasciatori di quattro paesi dell’Ue, due dei quali pronti a trasferire la propria rappresentanza diplomatica. Si trattava di Romania, Repubblica Ceca, Austria e Ungheria, ma la posizione di Bruxelles, osservata dagli altri 24 paesi, è quella di Gerusalemme capitale di due stati, quindi anche del non ancora nato Stato palestinese.
Israele ha sempre considerato anche Gerusalemme Est come parte integrate del proprio territorio: nel 1967, in seguito alla guerra dei Sei Giorni, la parte orientale della città venne occupata dai militari israeliani, come pure la Cisgiordania; nel novembre dello stesso anno il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvò la risoluzione 242, non vincolante, che chiedeva il “ritiro delle forze israeliane da territori occupati nel corso del recente conflitto”.
Nel 1980 il parlamento israeliano approvò la cosiddetta “legge fondamentale”, la quale proclamava unilateralmente “Gerusalemme, unita e indivisa (…) capitale di Israele”, ma poco dopo l’Onu con la Risoluzione 478 definì la “legge fondamentale” “nulla e priva di validità»”, nonché “una violazione del diritto internazionale” e un “serio ostacolo al raggiungimento della pace in Medio Oriente”.
In dicembre gli Stati Uniti hanno dovuto esercitare il diritto di veto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove l’Egitto aveva presentato una proposta di risoluzione volta a invalidare la decisione del presidente Usa Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele. In pratica tutti, ad esclusione degli Usa, avevano annunciato di votare in modo compatto a favore della proposta egiziana (Italia compresa), per cui all’ambasciatrice Usa Nikki Haley non era restato altro da fare che esercitare quell’ormai obsoleto diritto di veto che hanno i cinque membri permanenti delle Nazioni Unite. Per Haley “Quello che abbiamo visto oggi (allora, ndr.) in Consiglio di Sicurezza Onu è un insulto, non lo dimenticheremo”, ed è “altamente deplorevole che alcuni cerchino di distorcere la posizione del presidente”. Neanche fosse il padrone del mondo.