Gli Usa sfidano Russia e Cina in Asia centrale

Il segretario di Stato Micke Pompeo ha incontrato i rappresentanti di Ucraina, Bielorussia e di cinque paesi dell’Asia centrale, inviando un segnale sia alla Russia che alla Cina.

di Antimo Altomare

Sebbene gli Stati Uniti, sotto l’amministrazione Trump, non hanno mostrato particolare interesse per l’Asia Centrale, la il recente viaggio del segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha avuto un ruolo fondamentale nel rilanciare la presenza statunitense in una regione che si trova al crocevia strategico tra Russia, Cina, Iran e Afghanistan.
Il viaggio era originariamente previsto per il 3-7 gennaio con soste in Ucraina, Bielorussia, Kazakistan, Uzbekistan e Cipro, ma è stato riprogrammato il 1 gennaio a causa delle violente proteste a Baghdad che hanno minacciato l’ambasciata degli Stati Uniti e la conseguente uccisione di Qassem Soleimani, comandante della Guardia Rivoluzionaria iraniana, in un attacco statunitense con i droni vicino all’aeroporto di Baghdad.
Il tour di Pompeo, da poco conclusosi, ha pertanto avuto un nuovo itinerario iniziato, non a caso, a Londra prima dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Il segretario di Stato americano ha poi fatto tappa, lo scorso 30 gennaio, in Bielorussia facendone il primo segretario di Stato statunitense a visitare l’ex repubblica sovietica per due decenni. Washington sta cercando infatti di migliorare i rapporti con la Bielorussia le cui relazioni con Mosca sono sotto tensione per la questione energetica che si protrae dal 2007. In Ucraina invece ha confermato la dichiarazione di Crimea degli Stati Uniti del 2018 secondo cui “la Crimea fa parte dell’Ucraina e gli Stati Uniti non riconosceranno mai i tentativi della Russia di annetterla”.
Dopo aver visitato i due paesi chiave Bielorussia e Ucraina, Pompeo si è recato in Asia centrale dove ha incontrato individualmente i ministri degli Esteri di cinque repubbliche e i presidenti del Kazakistan e dell’Uzbekistan, sottolineando “la necessità di un coordinamento regionale più forte e di progressi accelerati… per far progredire la stabilità e la prosperità nella regione”. Il segretario di Stato ha avvertito questi paesi di non dipendere eccessivamente dalle politiche economico-commerciali adottate da Pechino e ha discusso apertamente della persecuzione cinese nei confronti delle minoranze uigurine e kazake. Già lo scorso ottobre gli Stati Uniti avevano adottato una serie di sanzioni e restrizione di visti nei confronti dei rappresentati del governo cinese ritenuti responsabili di perseguire le minoranze etniche musulmane in Cina. Nella capitale kazaka Pompeo, incontrando diversi kazaki-cinesi le cui famiglie sono scomparse o sono state oggetto di detenzione arbitraria nella regione occidentale dello Xinjiang, ha esortato tutti i paesi della regione a unirsi per porre immediatamente fine alla repressione, a “offrire rifugio a coloro che cercano di fuggire dalla Cina”, ed ha altresì ringraziato il Kazakistan per aver accettato coloro che sono scappati dalle persecuzioni cinesi.
Attraverso questo intenso viaggio, gli Stati Uniti hanno voluto inviare un segnale forte alla Cina e alla Russia, due giganti estremamente interessati a esercitare un controllo strategico su questi paesi sia per prossimità geografica sia per questioni storiche. La rilevanza della regione deriva principalmente dalla sua collocazione geografica tra Asia, Medio Oriente ed Europa, da secoli luogo di incontro di diverse culture in termini politici, religiosi e commerciali. In tale contesto il dragone cinese, con l’imponente progetto della Nuova Via della Seta (Belt and Road Initiative), intende stringere profondi legami economici. Dall’altro la Russia considera l’Asia come il “ventre molle” e pertanto continua ad esercitare, sin dalla dissoluzione dell’URSS un altro grado di influenza attraverso una serie di accordi multilaterali e trattati economici e militari come l’Unione economica eurasiatica o la Comunità degli Stati Indipendenti, che comprende nove delle quindici ex repubbliche sovietiche. Nella capitale uzbeka, Tashkent, Pompeo ha in seguito preso parte al cosiddetto C5 + 1 comprendente le cinque nazioni centroasiatiche (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e l’Uzbekistan) e gli Stati Uniti. Il formato C5 + 1, lanciato nel 2015 sotto l’amministrazione Obama, è servito da solido forum per la riunione della regione insieme agli Stati Uniti. In questo consesso i ministri hanno discusso il possibile coinvolgimento delle nazioni dell’Asia centrale al processo di pace in Afghanistan negli anni a venire, nonché della sicurezza congiunta delle frontiere e degli sforzi regionali per migliorare la connettività economica ed energetica e usare le leve d’influenza per indebolire le posizioni di Cina, Russia e Iran.
A parte le ampie questioni regionali, Pompeo ha discusso in particolare con le due principali nazioni dell’Asia centrale, il Kazakistan e l’Uzbekistan.
Il Kazakistan, ricco di petrolio, è lo stato dell’Asia centrale economicamente più prospero e la più grande destinazione d’investimento americano nella regione. Washington ha un forte cooperazione in materia di antiterrorismo e sicurezza con il paese, ed il supporto logistico fornito dal Kazakistan alle truppe americane è fondamentale poiché i rifornimenti attraverso il Pakistan si sono rilevati più volta problematici. Il commercio bilaterale tra Stati Uniti e Kazakistan è in un aumento rispetto agli anni precedenti, con particolare attenzione alle industrie estrattive e all’agroindustria, frutto anche degli accordi di 2,5 miliardi firmati a gennaio del 2018. Portando un messaggio simile a quello consegnato ad altri paesi, Pompeo ha ribadito al governo kazako che l’attrattiva degli investimenti cinesi ha un costo per la sovranità e potrebbe danneggiare lo sviluppo del paese. A tal proposito, pur sottolineando che gli Stati Uniti sostengono la libertà del Kazakistan di scegliere di fare affari con qualsiasi paese, ha ribadito in ottica antirussa la necessità per il governo kazako di fare affari con le aziende americane in modo tale da ottenere migliori risultati.
Il vicino Uzbekistan invece ha la più grande popolazione dell’Asia centrale e, dopo la morte nel 2016 del suo presidente dal pugno di ferro Islam Karimov, ha intrapreso un programma di riforme sotto il presidente Shavkat Mirziyoyev. Washington considera l’Uzbekistan come un potenziale partner nella promozione della connettività economica con la regione e a tal fine gli Stati Uniti hanno ribadito il sostegno all’indipendenza e integrità territoriale del paese, ed hanno supportato il programma di riforme di Mirziyoyev che porta a un rafforzamento dei legami di sicurezza, economici e culturali.
Un possibile ostacolo è l’interesse dell’Uzbekistan a entrare nell’Unione economica eurasiatica (UEE) a guida russa, che complicherebbe le relazioni limitando le sue possibilità di attrarre investimenti dalle nazioni occidentali e in questo caso dagli Stati Uniti, e rallenterebbe l’adesione del paese all’Organizzazione mondiale del commercio. Finora Mirziyoyev si è impegnato a rispettare lo status di osservatore nella UEE, che comprende Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Armenia e Bielorussia.
Pompeo ha sostenuto che gli investimenti statunitensi sarebbero un veicolo migliore per lo sviluppo uzbeko, rilevando la necessità di “migliorare ulteriormente il clima economico, rafforzare lo stato di diritto e fornire opportunità economiche sostenibili a tutti i cittadini in tutto l’Uzbekistan”.
Secondo il principio di competizione tra grandi potenze, gli Stati Uniti intendono rafforzare i rapporti diplomatici, i legami economico-commerciali e gli investimenti con questi paesi facendo leva sia sulle eventuali conseguenze negative derivante dagli investimenti con la Cina che sulla repressione degli uiguri rifugiatisi nelle cinque ex repubbliche sovietiche. Certamente la crescente enfasi degli Stati Uniti e la proposta di investimenti maggiormente remunerativi potrebbe spingere i paesi dell’Asia centrale di rivalutare le loro interazioni con Pechino ma altresì con la Russia. Ma è opportuno evidenziare che questi paesi, ricchi di risorse, hanno anche un ruolo importante sulla nuova Via della Seta. Appare quindi difficile e incerto che i paesi dell’Asia centrale rivalutino in modo del tutto significativo le loro crescenti relazioni con la Cina, che oltretutto di fronte a uno scarso interesse e ad una modesta presenza mostrata fino ad ora dagli Stati Uniti ha rappresentato e rappresenta un importante partner commerciale e di investimento, pompando decine di miliardi di dollari in investimenti in disparati settori, in particole quello infrastrutturale. Tra l’altro per gli Stati Uniti è importante anche minare le relazioni tra Russia e Cina, oltre che aumentare la propria sfera di influenza economica e promuovere i propri interessi in questa regione.