Gli Usa uccidono il generale dei Pasdaran Qassem Soleimani

di Shorsh Surme

Uno dei principali esponenti dell’establishment iraniano, il noto generale Qassem Soleimani, è stato ucciso da un raid Usa condotto con un drone lanciato da un elicottero nei pressi dell’aeroporto di Baghdad.
Lo ha confermato lo stesso Pentagono, nella cui nota si legge che “Il generale Soleimani e le sue forze Quds sono responsabili della morte di centinaia di americani e del ferimento di altri migliaia”, e che l’azione condotta oggi conta di essere “un deterrente per futuri piani di attacco dell’Iran. Gli Stati Uniti continueranno a prendere tutte le azioni necessarie per tutelare la nostra gente e i nostri interessi del mondo”.
Soleimani, 62 anni, era a capo della brigata al-Quds, élite dei Guardiani della Rivoluzione (Pasdaran), e guidava le operazioni extraterritoriali iraniane in particolare in Iraq e in Siria.
Il fatto, gravissimo, rischia di avviare un’escalation dagli esiti imprevedibili e forse di fornire agli Usa il casus belli per avviare un nuovo conflitto: nella logica di controllare militarmente il globo gli Usa hanno basi dal Marocco al Kirghizistan, secondo una linea orizzontale. Fino a poco fa erano cinque i paesi che non avevano basi Usa sul proprio territorio: Iraq (guerra), Afghanistan (guerra), Libia (guerra), Siria (guerra, ma lì si è messa di traverso la Russia) e appunto Iran, paese popoloso e complesso sotto ogni profilo.
L’uccisione di Soleimani, vera spina nel fianco degli Usa in Medio Oriente, arriva dopo che lo scorso 31 dicembre si è svolta davanti all’ambasciata Usa a Baghdad una manifestazione accesa di gruppi politici sciiti, esageratamente dipinta dai media occidentali come “assalto”. La protesta era stata indetta per i raid Usa sulle basi di Kataib Hezbollah, costati la vita di 25 combattenti e il ferimento di 55, azione a sua volta seguita all’uccisione di un mercenario statunitense a Kirkuk.
Il primo ad intervenire è stata la Guida spirituale e capo supremo della Repubblica Islamica, l’ayatollah Ali Khamenei, il quale in una nota ha scritto che “Una grave vendetta attende che i criminali si sono macchiati le mani con il sangue del maggiore generale martirizzato Suleymani e di altri martiri dell’incidente della scorsa notte”. Con tono simile il presidente Hassan Rouhani ha dichiarato ai media Iraniani che “Non c’è dubbio che la grande nazione dell’Iran e le altre nazioni libere della regione si vendicheranno di questo terribile crimine dell’America criminale”. Il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha affermato che “L’atto di terrorismo internazionale degli Stati Uniti con l’assassinio del generale Soleimani, la forza più efficace nel combattere Isis, al-Nusra e al-Qaeda, è estremamente pericolosa e una folle escalation. (…) Gli Stati Uniti si assumeranno la responsabilità di questo avventurismo disonesto”.
Oltre a Soleimani sono rimasti uccisi Abu Mahdi al-Muhandis, dell’élite Islamic Revolutionary, un comandante di spicco in un Iraq appoggiato dall’Iran, ed altri quattro ufficiali.
Il canale mediatico ufficiale dell’Hashd al-Shaabi, un’alleanza di milizie sciite perlopiù sostenute dall’Iran, nota anche come Popular Mobilization Forces (PMF), ha confermato la morte di Suleymani e Muhandis. “I miliziani – è stato affermato – hanno giurato di vendicare al più presto l’uccisione dei due esponenti di spicco del mondo sciita sia iracheno che iraniano”.
Mentre gli Usa hanno chiesto ai propri concittadini di lasciare immediatamente il paese, Khamenei ha nominato il successore di Soleimani: ”In seguito al martirio del glorioso generale Haj Qassem Soleimani, nomino il generale di brigata Esmail Ghaani comandante della Forza Quds del Corpo della Guardia rivoluzionaria islamica”, si legge in un comunicato.