Guerra d’informazione: la politica mediatica dell’Ucraina

di Danilo Deponti * –

Sin dall’inizio delle tensioni Volodymyr Zelensky si è dimostrato abile nell’utilizzo dei social media ed esperto comunicatore, utilizzando una serie di codici linguistici accostati a immagini patriottiche con lo scopo di mostrarsi in prima linea a fianco del suo popolo ucraino.

La narrativa ucraina.
A partire dal primo discorso poco dopo la dichiarazione di Putin del 24 febbraio, Zelensky ha sempre posto molta attenzione a distinguere le azioni del presidente dal popolo russo, a cui ha fatto più volte appello per contribuire alla causa ucraina, sottolineando molto spesso come “L’Ucraina dei vostri notiziari e l’Ucraina della vita reale sono due posti completamente diversi”. Benché entrambe le parti in gioco abbiano fatto forte utilizzo di dati di guerra falsi e falsi miti volti a suscitare maggiore patriottismo, la politica mediatica ucraina si differenzia nettamente da quella più “novecentesca” e istituzionale del Cremlino.
Se Mosca punta particolarmente sui media tradizionali e conferenze stampa a reti unificate, il presidente ucraino sfrutta le piattaforme dei social media, per parlare in prima persona con il mondo intero e tentare di internazionalizzare la propria causa.

Twitter e la simbologia Zelensky.
Già dalle prime ore dell’invasione Zelensky ha sfruttato piattaforme come Twitter per informare in tempo reale sulla situazione all’interno del Paese e per raccontare dei colloqui diplomatici svolti con gli altri leader mondiali che man a mano fornivano supporto all’Ucraina. In questo contesto ha anche intensificato la pubblicazione di video dalla capitale Kiev, per contrastare le fake news circa una sua possibile resa o fuga. Vera o falsa che sia, la frase “Mi servono munizioni, non un passaggio” detta in risposta ad un’offerta di lasciare il paese da parte USA , ha sicuramente un alto valore simbolico, che ha permesso di rafforzare attorno a sé l’aurea di defensor gentis, aspetto amplificato anche attraverso un “cambio abiti” bellico, per creare un legame visivo con i combattenti ucraini.

La prima guerra di Tik Tok.
Anche la popolazione ucraina, sull’esempio del loro presidente, ha proseguito la narrazione della guerra attraverso l’utilizzo dei social media, pubblicando direttamente video che raccontano la vita quotidiana in queste difficili ore.
Secondo gli analisti, il conflitto russo-ucraino può essere considerato la “prima guerra di Tik Tok”: recentemente l’azienda cinese ha cambiato i propri termini relativi alla lunghezza dei video, aumentando i minuti da a 1 a 3. Questo ha contribuito ad un sostanziale cambio di contenuti, che non si ferma solo alla narrazione in prima persona degli eventi, ma anche all’avvio di campagne di donazioni in favore delle vittime della guerra.
Lo stesso Zelensky, nel discorso del 24 febbraio, aveva richiesto anche ai TikToker russi di dire la loro per mettere fine alla guerra, ma qualche giorno dopo, la Roskomnadzor, l’ente statale del Cremlino che si occupa del controllo dei media, ha richiesto che l’app smettesse di diffondere contenuti di carattere militare nei post consigliati ai minori, sostenendo che la maggior parte di questi fossero anti-russi.
Non è la prima volta che una piattaforma social gioca un ruolo chiave nella narrazione di un conflitto – le Primavere arabe del 2011 hanno visto protagoniste Twitter e Facebook – e non è la prima volta che una grossa notizia monopolizza TikTok per giorni, tuttavia la peculiarità di questa piattaforma sta nella capacità di poter pubblicare contenuti accattivanti e di breve durata, che possano risaltare l’attivismo pro-ucraino tanto necessario a Zelensky in questo momento.

Telegram e l’organizzazione della resistenza.
Anche Telegram sembra essere cruciale: durante la pandemia, l’account @COVID19_Ukraine condivideva ogni giorno le ultime raccomandazioni del governo e le statistiche di contagi e morti, ed è stato consultato da milioni di cittadini. Quando le truppe russe hanno iniziato a varcare i confini, il canale si è adattato alle circostanze e ha cambiato il suo nome in @UkraineNOW, diventando la fonte primaria di fact checking per i cittadini ucraini.
All’interno del canale vengono condivise mappe di dove sono collocati i rifugi antiaerei e informazioni su cosa fare in caso di attacchi agli impianti chimici. Anche il governo dell’Ucraina usa Telegram per richiedere l’aiuto dei suoi cittadini: il vice primo ministro Fedorov ha creato un canale per formare un esercito di “hacker volontari”, a cui si sono iscritte più di 200 mila persone. All’interno di esso i membri possono condividere con il Governo foto di simboli sospetti lasciati su strade e foto di truppe o militari russe.

* Analista di geopolitica – Mondo Internazionale.

Articolo in mediapartnership con il Giornale Diplomatico.