Homg Kong. Un milione in piazza per l’autonomia

di Guido Keller –

Oltre un milione di manifestanti ieri a Hong Kong, secondo gli organizzatori più del maxi-corteo del 9 giugno, per protestare contro il governo locale guidato da Carrie Lam.
Iniziate sei mesi fa per la controversa legge sull’estradizione, le proteste antigovernative sono costantemente indette per denunciare l’evidente erosione in atto dell’autonomia di Hong Kong e di quel “un paese, due sistemi” promesso nel 1997, anno del passaggio del territorio dalla Gran Bretagna alla Cina. Già nel 2017 il Comitato permanente del Congresso del Popolo nazionale (Npc) aveva introdotto un sistema elettorale che prevede per l’elezione del capo del governo locale la scelta fra due o tre candidati ricavati da una rosa di nomi approvati da Pechino, ovvero “patriottici”, cosa che aveva scaturito la “protesta degli ombrelli” del 2014.
Ieri, nonostante il lungo corteo fosse partito da Victoria Park in modo pacifico e con i permessi in regola, ben presto vi sono stati scontri con il lancio di oggetti e di bottiglie molotov, azioni alla quale la polizia ha risposto arrestando oltre 400 persone e disponendo la chiusura di tutti i parchi e i centri sportivi dell’area di Central.
Testimoni hanno riferito che gli scontri sono partiti dopo che agenti in borghese hanno fermato alcuni manifestanti per chiedere conto di alcuni atti vandalici.
Divenuta colonia britannica dopo la Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842), Hong Kong si espanse nel 1898 fino a comprendere il perimetro della penisola di Kowloon. In base ai trattati sarebbe rimasta britannica per 99 anni, com’è stato.
Amministrata come provincia speciale, è sede di uno dei principali centri finanziari internazionali. Conta 7 mln e mezzo di abitanti.