Hong Kong. Ancora proteste contro il governo centrale cinese

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Altra giornata di manifestazioni anti-cinesi ad Hong Kong, dove in migliaia sono scesi in strada dopo che lunedì scorso manifestanti erano addirittura riusciti a penetrare nel parlamento locale, distruggendo uffici ed imbrattando muri.
Oggi la protesta si è svolta in modo pacifico, con il nutrito corteo che è partito dal porto turistico di Tsim Sha Tsui, ha attraversato un’area di centri commerciali frequentatissima da cinesi continentali fino ad arrivare alla stazione dei treni ad alta velocità West Kowloon, che collega l’ex colonia britannica al continente. Lo scopo era infatti quello di sensibilizzare i cinesi sull’erosione del potere autonomistico ad opera del governo centrale e quindi il ritiro definitivo della proposta di legge governativa sulle estradizioni, al momento solo sospesa dalla contestatissima governatrice Carrie Lam, di cui i manifestanti chiedono le dimissioni.
Nel 2017 è stata introdotto un sistema elettorale da parte del Comitato permanente del Congresso del Popolo nazionale (Npc) che prevede per l’elezione del capo del governo locale la scelta fra due o tre candidati ricavati da una rosa di nomi approvati da Pechino, ovvero “patriottici”. Cosa che è successa con l’attuale premier di Hong Kong Carrie Lam, alias anglofono di Cheng Yuet-ngor, considerata per l’appunto la longa manus delle autorità centrali e comunque al governo grazie alla forte di una maggioranza di partiti filo cinesi. Una realtà che allora portò alla protesta degli Ombrelli e a “Occupy central”.
Divenuta colonia britannica dopo la Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842), Hong Kong si espanse nel 1898 fino a comprendere il perimetro della penisola di Kowloon. In base ai trattati sarebbe rimasta britannica per 99 anni, com’è stato.
Amministrata come provincia speciale, è sede di uno dei principali centri finanziari internazionali. Conta 7 mln e mezzo di abitanti.