Hong Kong. Proteste contro la legge sulla tutela dell’inno: 240 arresti

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Scontri e arresti ad Hong Kong, dove le proteste si sono riattivate in vista dell’approvazione, ormai scontata, da parte del Congresso del popolo di Pechino della legge sulla sicurezza. A questo tema si è aggiunta la proposta di legge, che questa volta riguarda il parlamento locale, di tutelare l’inno nazionale cinese, ovvero di punire con un’ammenda di 50mila dollari di Hong Kong (circa 6.400 euro) chiunque mostri disprezzo, disturbi o si dimostri irrispettoso nei confronti della “Marcia dei Volontari” durante una sua qualsiasi esecuzione.
Le autorità hanno riferito che sono 240 i manifestanti arrestati oggi, molti dei quali a Mong Kok, sulla penisola di Kowloon, tutti accusati di “sospetta partecipazione a manifestazioni non autorizzate”.
Disordini anche presso il Parlamento di Hong Kong, dove la polizia ha sparato cartucce urticanti, ma la partecipazione alle manifestazioni è stata al di sotto delle aspettative.
Le proteste antigovernative, iniziate ormai da anni, vogliono denunciare l’evidente erosione in atto dell’autonomia di Hong Kong e di quel “un paese, due sistemi” promesso nel 1997, anno del passaggio del territorio dalla Gran Bretagna alla Cina. Già nel 2017 il Comitato permanente del Congresso del Popolo nazionale (Npc) aveva introdotto un sistema elettorale che prevede per l’elezione del capo del governo locale la scelta fra due o tre candidati ricavati da una rosa di nomi approvati da Pechino, ovvero “patriottici”, cosa che aveva scaturito la “protesta degli ombrelli” del 2014.
Divenuta colonia britannica dopo la Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842), Hong Kong si espanse nel 1898 fino a comprendere il perimetro della penisola di Kowloon. In base ai trattati sarebbe rimasta britannica per 99 anni, com’è stato.
Amministrata come provincia speciale, è sede di uno dei principali centri finanziari internazionali. Conta 7 mln e mezzo di abitanti.