Hong Kong. Proteste per la legge sulla sicurezza, quasi 300 arresti

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Continuano ad Hong Kong le proteste degli attivisti pro democrazia per la legge sulla sicurezza introdotta di recente e per il rinvio di un anno delle elezioni politiche, che sono state posticipate al settembre 2021 per i timori di una recrudescenza dell’epidemia di Covid-19.
In particolare nei settori di Hong Kong di Yau Ma Tei e di Mong Kok si sono registrati numerosi arresti tra i manifestanti, almeno 290; tra i fermati anche il noto attivista e vice presidente del partito democratico radicale “People Power” Tam Tak-chi, che già ha alle spalle una lunga serie di arresti sempre per le proteste pro democrazia. La polizia ha tuttavia precisato che l’arresto non è avvenuto in base alla nuova legge sulla sicurezza.
Le proteste antigovernative, iniziate da diversi mesi prima per la controversa legge sull’estradizione, poi ritirata, e per la legge sulla sicurezza vogliono denunciare l’evidente erosione in atto dell’autonomia di Hong Kong e di quel “un paese, due sistemi” promesso nel 1997, anno del passaggio del territorio dalla Gran Bretagna alla Cina. Già nel 2017 il Comitato permanente del Congresso del Popolo nazionale (Npc) aveva introdotto un sistema elettorale che prevede per l’elezione del capo del governo locale la scelta fra due o tre candidati ricavati da una rosa di nomi approvati da Pechino, ovvero “patriottici”, cosa che aveva scaturito la “protesta degli ombrelli” del 2014.
Divenuta colonia britannica dopo la Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842), Hong Kong si espanse nel 1898 fino a comprendere il perimetro della penisola di Kowloon. In base ai trattati sarebbe rimasta britannica per 99 anni, com’è stato.
Amministrata come provincia speciale, è sede di uno dei principali centri finanziari internazionali. Conta 7 mln e mezzo di abitanti.