Hong Kong. Vince la piazza: Carrie Lam annuncia che la legge sulle estradizioni ‘e morta’

di Nunzio Messere

Settimane di proteste, anche corpose come quella di metà giugno che ha portato in strada 2 milioni di persone, hanno spinto la governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, a dichiarare “morta” la proposta di legge sull’estradizione di indagati e condannati nella Cina continentale, dove, si sa, i processi non sono sempre trasparenti nei confronti degli oppositori politici.
Più che l’estradizione in quanto tale, ai manifestanti di Hong Kong non va giù la graduale perdita di pezzi di autonomia e quindi dell’indebolimento di quel “un paese, due sistemi” promesso alla vigilia della consegna alla Cina dell’ex colonia britannica, avvenuta il 1 luglio 1997.
Già nel 2017 il Comitato permanente del Congresso del Popolo nazionale (Npc) ha introdotto un sistema elettorale che prevede per l’elezione del capo del governo locale la scelta fra due o tre candidati ricavati da una rosa di nomi approvati da Pechino, ovvero “patriottici”. Cosa che è successa con l’attuale premier Carrie Lam, alias anglofono di Cheng Yuet-ngor, considerata per l’appunto la longa manus delle autorità centrali e comunque al governo grazie alla forte di una maggioranza di partiti filo cinesi. La cosa allora portò alla protesta degli Ombrelli e a “Occupy central”.
Così, dopo le maxi manifestazioni culminate nei giorni scorsi con l’entrata dei manifestanti nel Parlamento locale e la conseguente vandalizzazione di uffici ed aule, scontri con la polizia e cortei pacifici nelle zone turistiche per sensibilizzare i cinesi, Carrie Lam ha spiegato oggi che “Ci sono dubbi persistenti o comunque inquietudini sul fatto che il governo possa rilanciare il processo della legge davanti al Consiglio legislativo. Allora io voglio ripetere che non c’è alcun progetto in questo senso. Il progetto di legge è morto”.
Difficilmente questo basterà a porre fin alle proteste, anche perché i manifestanti continuano a chiedere le dimissioni della governatrice, la cui figura si sta a dire il vero perdendo credito a Pechino vista la mancanza di determinazione dimostrata. Carrie Lam continua tuttavia a proporre il dialogo, anche perché “sussistono problemi fondamentali, profondi nella società, che dobbiamo identificare ed affrontare”, ma è un dato di fatto che quel “due sistemi” non sta funzionando, poiché si tratta di due visioni politiche contrapposte in un’unica casa.
Divenuta colonia britannica dopo la Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842), Hong Kong si espanse nel 1898 fino a comprendere il perimetro della penisola di Kowloon. In base ai trattati sarebbe rimasta britannica per 99 anni, com’è stato.
Amministrata come provincia speciale, è sede di uno dei principali centri finanziari internazionali. Conta 7 mln e mezzo di abitanti.