I dissalatori e le future prospettive geopolitiche idriche del globo

di Domenico Letizia

Sono numerose le problematiche ambientali che riguardano il futuro della vita di interi popoli e civiltà. Si è svolto presso il Senato della Repubblica il convegno “Aree Marine Protette ed ecosistemi marini: patrimoni da tutelare. Valutazione d’impatto ambientale e sanitario per i dissalatori e qualità delle acque”, organizzato dalla Fondazione UniVerde, presieduta dall’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio e Marevivo, in collaborazione con Idroambiente. Mari e oceani rappresentano circa il 97% della riserva globale di acqua e presentano il vantaggio logistico di lambire le aree più popolose del pianeta, dove il fabbisogno di acqua cresce rapidamente. Nel corso degli ultimi 20 anni la capacità di dissalazione globale è aumentata di circa 8 volte e attualmente supera i 100 milioni di litri al giorno. Nel prossimo decennio, spinta dallo sviluppo umano e dal riscaldamento globale, la domanda di acqua dissalata aumenterà ed è possibile stimare che la produzione di dissalatore potrebbe aumentare. La dissalazione di acqua di mare rappresenterebbe una valida alternativa alla scarsità di acqua, ma bisogna assicurarsi che gli impianti siano realizzati nel rispetto degli ecosistemi naturali. Tali sistemi, inoltre, devono essere sviluppati rispettando gli standard nazionali ed internazionali adeguati a tale scopo ed essenziali sono le analisi di impatto ambientale, regolamenti che in Italia, al momento, mancano ma che sono ben presenti in altri paesi. A livello mondiale la produzione di acqua potabile dal mare ha superato i 100 milioni di metri cubi al giorno, interessando principalmente i paesi arabi, l’Australia, la costa orientale degli Stati Uniti e alcune realtà non lontane dall’Italia. Emblematico è il caso di Israele. Il paese ha quattro impianti di dissalazione che garantiscono il 40 per cento dell’approvvigionamento nazionale del paese. I lavori del convegno hanno evidenziato che la dissalazione risulta sostenibile sul piano economico-gestionale solo in presenza di una rete idrica dalle dispersioni contenute: una condizione poco frequente in Italia. I numerosi professori universitari che hanno partecipato ai lavori hanno evidenziato che servono approfondimenti scientifici e adeguamenti normativi al fine di prevenire, o perlomeno mitigare, gli impatti di questa tecnologia sulla risorsa mare, sul delicato microsistema marino e sul futuro delle civiltà umane. Emblematica è stata la relazione di Francesco Aliberti, professore del dipartimento di Biologia dell’Università Federico II, sull’impatto ambientale dello scarico del dissalatore di Lipari nel corpo idrico recettore ed è emersa un’alterazione dell’ecosistema. In particolare, nelle aree dove le concentrazioni saline superano la soglia di tossicità, è stata evidenziata una regressione della Posidonia marina, fondamentale per analizzare la stabilità dell’ambiente marino. Se non remineralizzata correttamente, un ulteriore effetto dell’immissione di acqua dissalata nelle condotte di distribuzione è il possibile distacco di materiale dalle tubazioni, specie allorquando le tubature sono obsolete. Iniziano ad essere numerose le ricerche, soprattutto dallo stato di Israele, dei danni per il corpo umano dalla continua assunzione di acqua distillata aggressiva. Inoltre, una ricerca effettuata sui ratti, da parte dell’Università dell’Arabia Saudita, segnala preoccupanti risultati, evidenziando anomalie e disfunzioni sullo stato di salute dei modelli animali impiegati nello studio. I lavori hanno evidenziato l’importanza di una ricerca scientifica e tecnologica globale sull’attualità degli impianti per la dissalazione poiché controlli non adeguati potrebbero generale problemi ambientali a livello locale e globale. L’assenza di una regolamentazione chiara sulla materia degli scarichi e degli effetti della produzione di acqua dissalata, provoca interrogativi che la comunità internazionale inizia ad affrontare con sempre più urgenza. Le Nazioni Unite denunciano come “l’aumento considerevole della domanda di acqua in tutti i settori di maggior consumo, quali agricoltura, produzione di energia, industria e uso quotidiano, unito alle pressioni esercitate dai mutamenti climatici, rischiano di ridurne ulteriormente la disponibilità in molte zone del mondo. E di aumentare le disparità economiche tra alcuni paesi o regioni diverse dello stesso territorio, a danno dei più poveri”. L’acqua è alla base di tutti gli aspetti dello sviluppo e la tecnologia oggetto di analisi deve sempre più essere adeguata ai principi di sostenibilità ambientale e senza ulteriori problematiche per la salute umana.