I droni, la nuova frontiera della guerra

di Simone Chiusa

I velivoli senza equipaggio, generalmente noti come droni, sono destinati a rivoluzionare il modo di fare guerra. Gli eserciti di tantissimi paesi li hanno già adottati nei propri armamenti, e la loro tecnologia si è fatta sempre più sofisticata.

I sistemi più diffusi, nonché più noti nell’immaginario collettivo, sono gli UAV (unmanned aerial system). Tuttavia non sono gli unici sistemi senza equipaggio impiegati in scenari di guerra. Ci sono sistemi terrestri, gli UGV (unmanned ground system), e persino sottomarini a comando remoto, gli UUV (unmanned underwater system). Il più piccolo ed economico modello di drone è il FPV (first person view), largamente impiegato in Ucraina da entrambi gli schieramenti. Può essere lanciato da piattaforme improvvisate e gode di un’autonomia di oltre 20 km. Il costo di un drone FPV, compreso di esplosivo, si aggira attorno ai 500 dollari, ed è in grado di distruggere carri armati dal valore di milioni di dollari. Tutto ciò lo rende uno strumento bellico essenziale, tanto che l’Ucraina ha detto di volerne produrre oltre un milione di esemplari nel 2024.
I droni vengono impiegati per svolgere vari tipi di missioni. Gli scenari più comuni includono intelligence, ricerca e soccorso, ricognizione, sminamento di ordigni esplosivi e uccisioni mirate. Ad oggi la maggior parte di essi sono telecomandati da remoto, tuttavia sono già presenti esemplari in grado di operare autonomamente. Un esempio è l’Harop (Harpy 2), sviluppato dalla Israel Aerospecial Industries. Il drone è in grado di localizzare e distruggere bersagli come veicoli, edifici, carri armati e difese antiaeree in totale autonomia.
A livello geopolitico i droni rappresentano la nuova frontiera della guerra, avendo rivoluzionato le manovre tradizionali. Attraverso un coordinamento su vasta scala gli sciami di droni andrebbero a sostituire un convenzionale manipolo di soldati. Inoltre verrebbero notevolmente ridotti i tempi di reazione e attacco, migliorando così le capacità belliche degli eserciti.
Le grandi potenze hanno compreso il potenziale -distruttivo- dei sistemi senza equipaggio e stanno investendo in tecnologie e infrastrutture per svilupparli. Tuttavia una nuova corsa agli armamenti incentrata sull’intelligenza artificiale potrebbe avere conseguenze destabilizzanti.
In primo luogo l’efficacia dei droni nelle operazioni di localizzazione e distruzioni di bersagli potrebbe minare le capacità di attacco nucleare. I sistemi di lancio di missili nucleari sono impiegati come deterrente, e il loro impiego dovrebbe avvenire solo in risposta ad un attacco atomico. Essi si basano su veicoli lanciatori mobili, i TEL, e su sottomarini lanciamissili balistici.
Il timore è che, grazie alle sempre più avanzate tecnologie, i droni possano individuare e distruggere tali piattaforme. Ciò sarebbe particolarmente destabilizzante per la Cina, che ha un arsenale atomico decisamente limitato, se comparato a quello di USA (5.550) e Russia (6.257), riducendo così la sua capacità di deterrenza.
In secondo luogo la velocità e l’efficienza dei droni comprimono i tradizionali tempi di reazione militari, aumentando esponenzialmente la probabilità di escalation. La facilità con cui un drone viene lanciato, unita alla rapidità e precisione di attacco rappresenta una formula letale.
Considerando le potenzialità di questa tecnologia, l’utilizzo dei droni è ancora nelle prime fasi. Tuttavia è ragionevole credere che lo sviluppo gli sciami di droni sarà una prerogativa delle grandi potenze militari già nel breve futuro.